Gazzetta dello Sport: “Cristante: «A Palermo trattato malissimo. Goldaniga…»”

“Bryan Cristante e Andrea Petagna a 16 anni si inventarono uno spogliarello per combattere la noia della domenica pomeriggio: Andrea si esibiva, Bryan riprendeva col telefonino. Una ragazzata. Il problema è che mandarono in scena lo spettacolino nel convitto del Milan, sacro luogo di educazione e buoni comportamenti. Galliani si arrabbiò il giusto (facciamo pure parecchio…) e i due artisti passarono un brutto quarto d’ora. Cinque anni dopo, la coppia si ricompone e allarga il giro. Cristante e Petagna da ragazzini hanno fatto il primo provino serio della vita per l’Atalanta e lì sono tornati. Con loro Pierluigi Gollini, amicissimo, Andrea Conti, con cui escono più di qualche volta, Mattia Caldara e Alberto Grassi. I normali gruppi di amici organizzano il calcetto del giovedì, loro si preparano per incontrare Napoli, Fiorentina e Inter: mica male. Cristante è l’ultimo arrivato ma ha già capito. Domenica a Palermo ha avviato un’azione, poi si è nascosto chissà dove ed è rispuntato in area. Papu Gomez ha visto tutto e lo ha messo davanti al portiere: 3­1, partita chiusa. Penitenza da new entry, la descrizione dei compagni. «A Grassi piace ridere, Caldara è quello serio, Conti è un po’ alla Grassi, Petagna… fa il fotomodello». Messi insieme, funzionate? «Siamo tutti matti, ma l’importante è essere bravi ragazzi: l’amicizia sul lavoro aiuta a lavorare meglio. Alla fine siamo tutti bei personaggi, anche se ognuno è matto a modo suo». Sembra una frase di Tolstoj, ma passiamo oltre. Nel gruppo di amici ci sarebbe anche Goldaniga, giusto? «Sì, domenica gli ho mandato una foto. Ci siamo io e Andrea che esultiamo, lui dietro con la faccia sconsolata». Che ha risposto? «Niente, che doveva rispondere? Si è messo a ridere…». Si può raccontare una mattata fatta insieme? (Passa Petagna e Cristante lo chiama: «Andre, quale posso raccontare?». L’altro: «Quella dello spogliarello») «Siamo assieme da quando abbiamo 14 anni e io sono il tranquillo dei due. Abbiamo lo stesso tatuaggio, fatto a 16, una scritta in arabo che significa “matti”. Lui quella volta dello spogliarello ha voluto fare il video e io l’ho ripreso, ma il Milan l’ha presa male. Altre volte sono uscito di sera, magari con lui, lasciando la luce o la tv accesa. Non si sa mai, qualcuno può buttare su un occhio per controllare…». Eppure siete quinti in A. «Sì, a parte gli scherzi, quando c’è da allenarci andiamo al massimo. Gasperini è preparatissimo, esige tutti al 100% e i risultati si vedono». Chi è il più impressionante? «Il Papu. Fa la differenza, salta sempre l’uomo e mette la pallagol. La squadra però è pazzesca, con quell’organizzazione per gli avversari è durissima».
L’obiettivo adesso è l’Europa: percentuali di qualificazione? «Difficile dirlo però siamo un martello: se continuiamo così, percentuali alte». Avversario più pericoloso? «La Lazio. A me piace Keita: è giovane, fa la differenza». Cristante qualche anno fa era un predestinato, fino a dicembre una promessa non mante nuta, oggi un nuovo Gagliardini. Le etichette cambiano. «Vero, ma ho fatto esperienza. Al Benfica giocavo in una squadra top, ho vinto un campionato ma non ho mai sentito uno che abbia visto una mia partita. Il Portogallo qui non si segue». Al Palermo e al Pescara però non è andata. Perché? «A Pescara abbiamo provato di tutto, ma è dura se non vinci mai. A Palermo invece non sono stato trattato benissimo. Mi hanno mandato in panchina e in tribuna per motivi extra­calcistici. Sono spesso stato fuori, ultimo degli ultimi». Ora sembra andare meglio. Su Twitter spuntano sorrisi e una foto con due cani. «I miei alaskan malamute. Vivo a Milano da solo, io e loro». E la foto su un ring con i pantaloncini Nba? «Due passioni. In Nba, Durant è il mio numero uno. La boxe è un passatempo estivo. Mi alleno con Franco Terlizzi, ex pugile che ha combattuto (e perso) due volte per il titolo italiano». L’Atalanta quello faticherà a vincerlo, Cristante chissà. Che manca per diventare una volta per tutte un giocatore di livello? «La squadra sta bene, vince, io devo solo dare il meglio. Spero di giocare spesso ma lo so, ora dipende da me. A Palermo è successo quello che è successo e a Pescara era una situazione complicata ma non conta. Questa dev’essere la volta buona».”. Questo quanto si legge su “La Gazzetta dello Sport”.