Gazzetta dello Sport: “Champions League, andata quarti di finale: l’Atletico si illude con Niño Torres. Il Barça rimonta con super Suarez”

“Non un derby di Spagna e neppure un «normale» quarto di Champions. No, Barcellona-Atletico è stata la guerra dei mondi del calcio. Opposte filosofie a confronto, la bellezza del Barça contro la cattiveria dell’«Atleti», e per paradosso, ma non troppo, la gara l’ha decisa l’unico vero manigoldo in forza al Barcellona, il «Dentone» Suarez: per lui la doppietta della vittoria e una beffarda impunità, ha rifilato dei colpi proibiti e ha scampato l’espulsione. Ecco, se l’uruguaiano giocasse per il «Cholo» Simeone non avremmo dubbi su chi passerebbe in semifinale. Ad ogni modo il discorso qualificazione resta aperto. DIVERSAMENTE PICCHIATORI Torres ha creato, Torres ha distrutto. Suo il gol dello 0-1 che al 25’ ha proiettato l’Atletico nella sua dimensione ideale, arroccamento e ripartenza. Suoi però i due falli vistosi e abbastanza inutili, su Neymar e su Busquets, che gli sono costati l’espulsione per doppia ammonizione al 35’. Non ci s’improvvisa picchiatori, bisogna lavorarci su. Suarez mena con metodo e però gli arbitri faticano a beccarlo. Perché sa come si fa. Ieri ha sferrato due pugni, uno a Juanfran e un altro a Filipe, però se l’è cavata con un giallo, quando avrebbe meritato il rosso. Torres al contrario randella con inutile platealità, sotto gli occhi di tutti. In dieci contro undici l’Atletico non ha cambiato i suoi piani, li ha soltanto estremizzati. Simeone è partito per difendere lo 0-0, scelta prevedibile. Poi ha protetto finché ha potuto il gol di vantaggio, atteggiamento logico. A seguire si è arroccato a protezione dell’1-1, cosa normale, ma alla fine ha ordinato di blindare il 2-1 pro Barcellona, ha tolto via via ogni attaccante puro e ha chiuso con un mediano, Partey, come centravanti. Qui sta proprio l’essenza del «cholismo»: difendere tutto il difendibile, anche un risultato sfavorevole, ma non troppo, e distendersi in contropiede. Il «Cholo» uno di noi, verrebbe da dire. Noi italiani, che questo tipo di calcio abbiamo portato a lungo in giro per il pianeta. Però ieri sera l’Atletico aveva davanti una tico appariva un blob, un blocco scuro radicato davanti alla porta. Qualcosa di simile si era notato in Barça-Inter ritorno della semifinale della Champions 2010, soltanto che in quell’occasione non c’era stato il lieto fine per i blaugrana, mentre qui l’ultimo capitolo è tutto da scrivere. I dati confermano le impressioni visive: possesso palla 75 a 25 per il Barça, atteggiamento medio di recupero palla dell’Atletico molto basso, a 27 metri. I cartellini spiegano il resto, Simeone ha chiuso con l’espulso Torres e con più di mezza squadra ammonita: sei gialli, esclusi i due rifilati al centravanti. La durezza come valore primario. BARCELLONA UN PO’ COSÌ Solito possesso, ma troppo fine a se stesso. Non si è apprezzato il solito Barcellona. Iniesta che prima di entrare in sé ha sbagliato un paio di appoggi elementari, inaudito il suo approccio. Più di tutti è mancato il vero Messi, che pure è andato vicino al gol numero 500 con una bella rovesciata, e sì, sarebbe stato il 500 perfetto. Messi pareva con la testa altrove, diciamo così «offshore», difficile per chiunque reggere il peso di certe pesanti grane giudiziarie. Meglio Neymar, più vivo. La partita l’hanno riacciuffata e raddrizzata i «barcelonisti borderline», tipo Dani Alves, motorino di avviamento dei due gol, e tipo Suarez, l’unico del Barça con la «garra» ad altezza Atletico. Bravo e impunito, il solito Dentone, squadra a trazione anteriore e in dieci, «maledetto» Torres, non poteva resistere più di quello che ha resistito. UNA SOLA METÀ CAMPO A lungo si è giocato in un’unica metà campo, quella dell’Atletico. Impressionante il Barça nella prima mezz’ora della ripresa: il pallone non usciva dagli ultimi trenta metri davanti a Oblak e sull’altro fronte Ter Stegen stazionava a ridosso del cerchio di centrocampo, tanto che si ipotizzava un colpo alla Florenzi, un rilancio lungo a scavalcare il portiere blaugrana. A quel punto non esistevano neppure più le due linee strette, praticamente incollate, allestite da Simeone per opporsi alla furiosissima furia del Barcellona”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.