Dopo la tempesta tornerà la quiete, questione di priorità

di Emanuele Pappalardo

Dopo ogni tempesta il sole sorriderà, per ogni problema c’è una soluzione, e il dovere inalienabile dell’anima è di essere di buon umore”. (William R. Alger)

Nel momento più buio dell’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, tocca porsi alcuni interrogativi. Come abbiamo vissuto finora? Quali erano le nostre priorità, prima dell’esplosione pandemica da coronavirus? Come ci comporteremo quando tutto, o quasi, tornerà alla normalità? Ebbene da un mese a questa parte la nostra vita è cambiata. Anzi stravolta. Da più di settimane il Governo italiano ha messo in campo misure assai stringenti, paralizzando l’economia a livello nazionale, per cercare di rallentare e successivamente arrestare la diffusione del virus.

A bloccarsi, seppur con non poca resistenza, è stato anche il mondo calcistico, italiano prima ed europeo poi. In queste settimane si sono susseguite varie ipotesi avanzate dai diversi organi federali e dai presidenti delle società, sulla possibilità di riprendere o meno i campionati. Ma al momento è impossibile fare alcuna ipotesi certa sull’andamento epidemico delle prossime settimane e quindi prevedere quando tutto si normalizzerà. Molti si soffermano sugli stipendi faraonici della maggior parte dei giocatori, specie in questo momento critico per molte famiglie. Non bisogna però dimenticarsi di tutte le persone che gravitano nel mondo calcistico: medici, fisioterapisti, magazzinieri, giardinieri, cuochi, addetti stampa e i dipendenti a vario titolo all’interno dell’organigramma di ogni società. Questi, come il resto degli italiani, vivono con normalissimi stipendi, e senza calcio non guadagnano abbastanza.

Si sa gli italiani adorano il mondo del pallone, forse troppo, a volte ponendolo come priorità nelle proprie vite. Altre volte lo si dà anche per scontato, sapendo che tanto, c’è sempre qualche partita da guardare. Andare allo stadio la domenica, specialmente dopo una settimana di lavoro snervante, passa in secondo piano, preferendo un assetto più confortevole birra-divano-TV. Ma mai come oggi appare chiaro come lo stadio, e quindi il calcio, non debba essere visto come il centro della vita di ognuno. In questo momento durissimo per tutti, dove molte famiglie non producono reddito sufficiente per sostenere i propri cari, dove il dolore e l’ansia ci attanagliano, bisogna cercare di stringersi attorno ai bei momenti. Ripensare alle giornate allo stadio insieme ai propri cari, riflettendo sul significato reale di tutto ciò: puro e semplice divertimento, una distrazione dai numerosi problemi quotidiani che ci mette difronte la vita.

Quella vita che è il nostro bene più prezioso. Impossibile non restare aggiornati minuto per minuto, ora per ora, sulla situazione che sta investendo il mondo intero e sui provvedimenti che verranno attuati per permetterci di ripartire, con il Palermo calcio sempre sullo sfondo. L’aquila che sorvola la città di Palermo. Il rosa e il nero. Verrà presto il tempo in cui si tornerà ad emozionarsi al momento dell’ingresso in campo dei giocatori, il momento in cui dalla Curva Nord si canterà con orgoglio l’inno rosanero, coinvolgendo poi tutto lo stadio; abbracciarsi mentre si esulta per un gol, rammaricarsi per un gol sbagliato. Tornerà tutto questo, come tornerà il sereno nelle nostre vite.

L’importante adesso è rimanere uniti, distanti col corpo ma uniti col cuore. Restare a casa adesso, è l’unica possibilità che abbiamo per riappropriarci il prima possibile della nostra quotidianità. Forza, Palermo, forza Italia!