Como, parla l’ex patron Nicastro: «Con gli Hartono si vola, consiglio ai tifosi di allacciarsi le cinture»

L’edizione online de “La Provincia di Como” ha realizzato un’intervista all’ex patron del Como Massimo Nicastro il quale ha parlato proprio del club lariano e della nuova proprietà.

«Sono stato allo stadio, ho visto già qualcosa di bello. Mi sono divertito. Peccato la vittoria mancata. Ma si respira un bel clima. Ed è solo l’inizio. Io abito a Miami e, per le mie attività, vengo a contatto con realtà imprenditoriali importanti. Sapevo due cose: 1. Il calcio italiano è sempre più preda di società straniere che non comprano solo la squadra ma anche tutto quello che c’è intorno, legato all’appeal del luogo. Pallotta o Friedkin non hanno compratolo solo la Roma, Commisso non ha comprato solo la Fiorentina, ma tutto l’indotto. E lo stesso vale per realtà meno grandi, come Parma o Padova. 2. Como era in cima alla lista dei posti cool, e aveva molte più chance di avere persone interessate. In Italia c’è più una visione legata al risultato, al campo, alla tecnica e alla tradizione sportiva. Era la differenza di mentalità che c’era tra me e Felleca. Io pensavo a un certo Como, allo stadio, a una società strutturata, a un impianto moderno e multi funzionale. Lui pensava solo ai gol, alla promozione. Non che uno avesse ragione o torto. Ma io vengo dagli Usa, e lì è la normalità».

«Trattativa con Hartono? Ho incrociato una decina di soggetti interessati. Uno era tedesco, gli altri mi pare tutti americani. Si arenavano tutti sulla questione stadio. Il fatto di non avere certezze sull’impianto frenava ogni cosa. Perché allora gli indonesiani hanno accettato? Perché gli americani vogliono avere tutto sotto controllo, tutto programmato. Gli indonesiani sotto questo aspetto sono più simili a noi latini, se c’è un margine di incertezza, pensano di poterlo gestire. A un certo punto io e Felleca non siamo statioì più d’accordo su come condurre la società. Ricordate la storia del ripescaggio? Io non ero d’accordo perché non avevamo una società strutturata, mentre lui avrebbe sfruttato persino un ripescaggio in A. Insomma, quando fummo d’accordo per vendere, qui si avvicinarono un sacco di… – come si dice a Milano? – “barlafusi”. Il Como non sarebbe andato lontano, con la logica della cessione di una squadra di D. serviva qualcosa di diverso. Ma io sapevo cosa. Ho parlato di Como nella sua interezza. Ho venduto una specie di… Via della Spiga del calcio. Tanto per rendere l’idea. Il calcio incastonato in un panorama di bellezza, che poteva fare da volano a un sacco di altre cose. Una avventura speciale di cui avrebbe parlato tutto il mondo. Gli Hartono li ho incrociati tramite conoscenze comuni. Ho incontrato i loro emissari a Villa d’Este, una lunga analisi, finché un bel giorno venne Mirwan Suwarso, a vedere tutto e chiudemmo. Rimase incantato dal luogo».

«Posso dire alla città di Como di assecondarli, di sedersi a un tavolo e costruire insieme il futuro. Da osservatore esterno dico: la sensazione è di vedere due entità, la società e la città, che recitano il ruolo di due controparti commerciali in una trattativa. Invece è sbagliato. Di fronte a una società di questo tipo, bisognerebbe fare squadra a livello di empatia. E quella sensazione si percepisce. Dove arriveranno? Io consiglio di allacciarvi le cinture. Che tra un po’ si vola. E ho detto tutto. Andranno in A? Per me, ma è una mia supposizione, già l’anno prossimo schiacceranno sull’acceleratore. Tornare allo stadio? Mi ha riportato a una mia esperienza indimenticabile. I ricordi più belli? La prima partita, che per i tifosi del Como era vissuta come la rinascita dopo lo choc Essien; la vittoria sul Mantova; la promozione in C, con io e Gandler che saltavamo in mezzo al campo. Ma posso dire? Anche il giorno della mancata promozione è un momento indimenticabile, Perché tra lacrime e rabbia, mi ha insegnato che emozioni può smuovere il calcio. Ho una società di calcio. Il Miami Beach. Mi diverto. A un certo punto stavo comprando il Rimini, ma poi il presidente cambiò idea. Adesso sono in affari nel campo dei procuratori di calciatori. Insomma , il calcio è sempre presente nella mia vita. Ancora tifoso del Como? Vedo le partite alle 8 di mattina, in tv. Un orario perfetto. Anzi, adesso vi dico una cosa curiosa. Ho chiamato una delle mie società “Banda Como”, dal nome di uno dei gruppi della curva che c’erano ai miei tempi. C’è anche un ragazzo che è venuto a lavorare con me a Miami. Sono contento che la mia visione delle cose, che sembrava lontana anni luce, alla fine si è rivelata azzeccata. Adesso però sta alla città non farsi sfuggire questa bella e clamorosa opportunità».