Arrestato a Catania l’aggressore di Lo Monaco. La sua storia

E’ lui l’ultrà che è finito sotto processo, insieme con un altro leader degli “Irriducibili” (Stefano Africano) per la presunta estorsione ai danni del calciatore rossazzuro Marco Biagianti. Condannato in primo grado a 4 anni e 4 mesi, è stato assolto in appello perché «il fatto non sussiste» insieme con il presunto complice. Secondo le accuse, i due, ultras del tifo rossazzurro della Curva sud, «avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza ad associazione di stampo mafioso della famiglia Piacenti, con la minaccia implicita di ritorsioni in caso di mancata adesione alla richiesta di versare somme di denaro, avrebbero compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere il calciatore a consegnare loro la somma di cinquemila euro (successivamente ridotta a duemila), evento non verificatosi per motivi indipendenti dalla loro volontà». Biagianti ha sempre negato l’estorsione e non si è costituito parte civile.

Nella relazione dell’Antimafia, la vicenda viene riportata così: «Il giocatore, ancora oggi capitano della squadra, viene avvicinato dai due capi ultras Piacenti e Africano che tentano di estorcergli una somma di denaro di 5 mila euro al fine di poter sostenere, come accerterà il tribunale, alcune “spese processuali”, con chiaro riferimento alla loro appartenenza ad ambienti criminali. Il giocatore, intimidito dal chiaro contesto criminale mafioso, non si è costituito parte civile al processo  e in quella sede ha sostenuto la tesi difensiva degli imputati – poi smentita dal tribunale – secondo la quale i soldi gli erano stati chiesti come forma di sostegno alla tifoseria delle spese attinenti alle coreografie».

Piacenti nel 2016 è invece rimasto coinvolto nell’operazione “Nero Infinito” che ha smascherato una estorsione al produttore cinematografico catanese Antonio Chiaramonte. Fu arrestato insieme con la madre Salvatrice “Pina” Viola, 65 anni, Sebastiano “Nuccio” Mazzei, capo indiscusso del clan dei “Carcagnusi”, di Lucio Stella, 40 anni, cugino dello stesso Mazzei, Franco Raciti “Cipuddra”, 48 anni, considerato affiliato di livello del clan dei “Carcagnusi”, e di Sebastiano D’Antona, detto “Iano ‘u babbaleccu”, indicato dai collaboratori di giustizia come ex reggente del gruppo dei “Carcagnusi”, più di recente transitato nel gruppo dei Laudani “Mussi ‘i ficurinia”.

Secondo le indagini, il Chiaramonte si sarebbe fatto scucire dagli strozzini cui si era rivolto qualcosa come 600mila euro, a fronte di un prestito ottenuto pari a 200mila euro. Il contatto fra la vittima e gli strozzini, però, non nasce in conseguenza di questioni, per così dire, geografiche, quanto perché il Chiaramonte è un tifoso sfegatato del Catania e “Saro” Piacenti un indiscusso punto di riferimento della tifoseria organizzata rossazzurra. In certi ambienti era pure noto che il Piacenti avesse ereditato dal padre “Giovanni l’elegante”, arrestato nel 2009, l’attività di usuraio e per tale motivo l’imprenditore si rivolse a lui per alcuni prestiti. All’inizio filò tutto liscio fin quando Chiaramonte era in grado di restituire le cifre ricevute con i relativi interessi. Ma quando per una serie di problemi anche gravi e strettamente personali il produttore è costretto a chiedere qualcosa in più, ebbene, cominciano i guai. Perché la cifra è consistente e neanche “Saro” Piacenti, che avrebbe dichiarato all’amico di non poterlo accontentare perché aveva altro denaro “prestato” in giro, è in grado di fronteggiare la situazione. Al punto tale che i due decidono di coinvolgere “Pina” Viola.

L’accordo è quello di pagare sempre e comunque gli interessi prima di erodere il reale “monte prestito”. Cosicché per anni il Chiaramonte si ritrova a versare denaro a vuoto, rimanendo sempre debitore di madre e figlio. Ciò fin quando, stando a quanto emerso in sede di denuncia, non decide di rivolgersi a Franco Raciti dei “Carcagnusi”, che bloccano la situazione in corso ma coninciano ad estroecere denaro al produttore cinematografico per risolvere la situazione.

A fine 2016 sono stati condannati con rito abbreviato per usura ed estorsione a cinque anni di reclusione più ottomila euro di multa Salvatrice Viola e i suoi due figli “Saro” e Massimiliano Piacenti. Nel luglio 2017, in Appello, le condanne sono state ridotte a due anni e otto mesi per Salvatrice Viola, a due anni e due mesi per Massimiliano Piacenti e di quattro anni e quattro mesi per Rosario “Saro” Piacenti.

 

(La Sicilia.it)