Palermo-fallimento: tutto ciò che bisogna sapere

A Palermo la parola tranquillità non andrebbe mai pronunciata. Nonostante il primo posto in campionato e le ottime prestazioni fatte dalla squadra rosanero, nella giornata di oggi a sconvolgere l’ambiente del capoluogo siciliano è stata la Procura. Su alcuni quotidiani, infatti, è rimbalzata la notizia che la Procura di Palermo ha presentato istanza di fallimento della società del Palermo calcio. All’istanza sono state allegate le informative depositate dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza e la consulenza dell’esperto di bilanci Alessandro Colasi.

“L’atto è siglato dal procuratore capo Francesco Lo Voi e dai sostituti Andrea Fusco e Francesca Dessì. L’istanza è arrivata sul tavolo del presidente della sezione fallimentare del tribunale palermitano Giovanni D’Antoni – si legge su Gds.it-. Il passo successivo, adesso, sarà quello di fissare la data della prima udienza per capire quale sarà il futuro del Palermo”.

Bisogna ricordare che per legge l’istanza può essere presentata:

  1. dai creditori, ipotesi più frequente
  2. dal debitore
  3. dal pm

Il caso che riguarda il Palermo Calcio è il terzo. Quindi essendo presentata dal pubblico ministero, difficilmente si tratterà di un errore o di una pretesa sbagliata da parte di un creditore, anche se non è un’ipotesi da escludere. Il processo di fallimento è un processo speciale a carattere inquisitorio, il giudice non incontra perciò limitazioni processuali nell’acquisizione delle relative prove. Il tribunale ordina al fallito di presentare tutta una serie di documenti. Il tribunale, ad istanza di parte, può anche emettere provvedimenti cautelari o conservativi volti a tutelare il patrimonio o l’impresa del debitore per la durata dell’istruttoria prefallimentare. Questo è ciò che con tutta probabilità dovrebbe avvenire nel caso dei rosanero.

Se la domanda di fallimento non viene accolta, invece, il tribunale emetterà un decreto motivato. Contro tale decreto il creditore istante, o il debitore, ovvero il pm richiedente (il caso del Palermo), possono proporre reclamo alla corte d’appello. Se il ricorso è accolto, la corte non può pronunziare direttamente la dichiarazione di fallimento e deve rimettere gli atti al tribunale per la relativa dichiarazione.

Se la domanda viene accolta, il tribunale emette una sentenza dichiarativa del fallimento, che contiene anche alcuni provvedimenti necessari per lo svolgimento della procedura:

  1. nomina il giudice delegato e il curatore;
  2. ordina al fallito il deposito entro tre giorni del bilancio, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali;
  3. fissa i termini per l’accertamento dello stato passivo.
  4. Viene anche iscritta nel RI (registro delle imprese) come pubblicità per tutti gli altri creditori. La sentenza viene notificata al debitore, nonché comunicata per estratti pubblico al pm, al curatore ed al creditore richiedente. È resa pubblica tramite annotazione nel RI.

La sentenza è immediatamente esecutiva fra le parti del processo dalla data del deposito in cancelleria, mentre per i terzi gli effetti si producono dalla data di iscrizione nel RI. Contro la sentenza dichiarativa del fallimento, chiunque ne abbia interesse (anche morale) può proporre reclamo entro 30 giorni, presso la corte d’appello. L’impugnazione non sospende gli effetti della dichiarazione di fallimento, la corte può tuttavia disporre la temporanea sospensione della liquidazione dell’attivo, quando sussistono gravi motivi e gliene faccia richiesta una parte o il curatore.

Contro la sentenza che decide il reclamo si può proporre ricorso in cassazione entro 30 gg. dalla notificazione d’ufficio del provvedimento. La sentenza che accoglie il reclamo, revoca il fallimento, e viene pubblicata nel RI, però se il patrimonio è stato in tutto o in parte liquidato, ormai il fallito non può più fare nulla, salvo azione risarcitoria nei confronti dei creditori istanti, se vi era loro colpa. Le spese della procedura vanno pagate dal creditore istante se era in colpa, dal fallito se era lui in colpa ovvero dallo stato se non c’è responsabilità.

Tutto quello di cui abbiamo parlato fa riferimento al fallimento societario. Per quanto rguarda le società di calcio, oltre a questa problematica, è presente anche quella del titolo sportivo. Il “Lodo Petrucci” prevede che le società sportive conservino il titolo e la società può essere rilevata per un importo pari al prezzo dei debiti, i nuovi acquirenti potrebbero iscrivere la squadra due categorie al di sotto di quella di partenza.