Gazzetta dello Sport: “Sicilia cassata. Il boom, poi il declino dell’isola. È la fine del grande calcio?”

“Nostalgia di un tempo che fu. Il 14 gennaio 2007, era domenica e finiva il girone d’andata, il Palermo andava a dormire 3° in classifica, il Catania sognava al 4° posto in zona Champions, il Messina quart’ultimo costringeva al pari la Roma al San Filippo con un gol di Parisi nei minuti di recupero e la Reggina terz’ultima, altra sponda dello Stretto, perdeva di misura a San Siro col Milan. Dieci anni fa. Una vita fa. Tre squadre dell’isola a tre punte, come un trio d’attaccanti, sono nel frattempo naufragate nell’anonimato in una perdurante astinenza dal gol: i rosanero terz’ultimi in A e il Trapani ultimo in B sono il modesto spettacolo offerto ai tifosi all’alba del 2017. Dieci anni dopo il boom, il calcio siciliano ha abbassato il volume della sua storia fin quasi a diventare un fruscìo impalpabile. L’autunno del calcio siciliano si è portato via come foglie gli stadi pieni e i volti intrisi di gloria di tanti talenti approdati in altri porti a raccogliere gratificazioni e quattrini. E il motivo, in fondo, è sempre il medesimo: la crisi imprenditoriale che si manifesta nelle forme ricorrenti, risorse in esaurimento e mancato ricambio, e ha la cifra comune a tutte le realtà di una non adeguata programmazione. Numeri impietosi, non disgiunti da un abbassamento della qualità della vita secondo le annuali classifiche di vivibilità: Palermo, per dire, in due lustri è scivolata dal 92° al 99° posto. EMERGENZA A Palermo i tifosi non sanno darsi pace. L’amore per il «profeta» Zamparini si è trasformato in risentimento, se non indifferenza. Potere dei risultati negativi. Pensate: nel settembre 2006, Zamparini vinceva in Europa League all’Upton Park, in casa del West Ham di Tevez e Mascherano, sulle ali dell’airone Caracciolo e, negli anni, ha pure costruito squadroni – emblematica la selezione formata da Sirigu, Darmian, Barzagli, Glik, Grosso, Pastore, Vasquez, Ilicic, Dybala, Cavani, Belotti –, regalando sogni in quantità alla gente. Oggi «Zampa» è alle prese con l’ennesimo corto circuito interno (la sfiducia a Corini, il ritorno negato di De Zerbi già esonerato a suo tempo e, nel frattempo, la mano tesa dei giocatori al «Genio») e coi pignoramenti di Riscossione Sicilia per vecchi contenziosi risalenti alla precedente gestione Sensi. Forse, il patron, cerca ora più che mai una soluzione, se non una via d’uscita, dopo aver investito nel club oltre 100 milioni di euro in 15 anni. Se il Barbera nel 2004 era già sold out coi soli abbonati (32.847), oggi il numero dei fedelissimi si è ridotto a 6.323 unità. I motivi dell’implosione vanno ricercati nell’incompiuta dello stadio di proprietà e, oltre gli errori del «mangiallenatori» principe e dei manager che si sono succeduti, nelle sempre più evanescenti entrate derivanti da enti locali e sponsor. Totò Schillaci, eroe delle notti magiche di Italia ‘90, analizza da palermitano: «I tifosi non meritano questa situazione, ma ancora c’è la possibilità di rimediare. La gente è delusa dal patron, ma io mi chiedo pure: c’è un’alternativa? Questo è il problema. Di sicuro, Palermo vuole una squadra dignitosa che possa salvaguardare il patrimonio della A». L’ELEFANTE AVANZA Sotto l’altra metà del cielo, l’eterna rivale Catania, la caduta è stata più veloce per effetto dello scandalo «Calcioscommesse» del 2016, ma il club tra tutti quelli siciliani è quello che oggi ha più risorse per ripartire di slancio. Perché è espressione dell’holding Finaria, in fase di risanamento grazie all’opera del presidente Davide Franco, e dal gruppo potrà ricevere sostegno ove necessario. Dalla A degli argentini, il club rampa di lancio per tecnici del calibro di Maran, Mihajlovic, Montella, Simeone e Zenga è finito in Lega Pro (da 15.450 abbonati nel 2006 deve fare i conti coi 5.013 di oggi), ma il futuro sembra allargare le braccia di nuovo ai rossazzurri. La salvezza si chiama «Torre del Grifo», il centro sportivo all’avanguardia di proprietà: «Il piano di risanamento del gruppo Finaria, che controlla il Catania, procede a gonfie vele – spiega il presidente Franco –, la posizione del club è stata rigirata nel giro di un anno. Siamo partiti dal giorno del fallimento Wind Jet con una passività di 80 milioni di euro a fronte di un gruppo che nel suo complesso tra supermercati e alberghi di lusso vanta un patrimonio di 120 milioni e ne fattura ogni anno 105/110. Il Catania aveva la scorsa estate una passività di 5,6 milioni, cui vanno aggiunti 25 milioni da restituire al Credito Sportivo per la costruzione, appunto, di “Torre del Grifo”, che ha un valore di 45­50 milioni e fa utili notevoli. Siamo riusciti a ricontrattare i tassi del mutuo al ribasso in un arco temporale di 40 anni e la società ora ha la gestione diretta sia del centro dove si allena la squadra e sia degli impianti polifunzionali aperti al pubblico: e parliamo di 5.000 iscritti. La rinascita parte da qui: abbiamo in programma la B in un biennio, compresa la stagione in corso, e una volta promossi sarà più facile ottenere il passo successivo: la A con solide basi. Senza contare che il Catania può sempre beneficiare del gruppo che ha alle spalle. Pulvirenti è un grande imprenditore, ha fatto un passo indietro e ha scelto bene. Lo Monaco è un ottimo dirigente». START-UP MESSINA Ed è significativa pure la vicenda della meteora Messina. Che dieci anni fa è stato il Sassuolo della scorsa stagione, una startup di idee nuove, una squadra che nella stagione 2004­2005, appena promossa, dopo solo 3 giornate era a 2 punti dalla Juve capolista e aveva battuto la Roma per 4­3 in casa e il Milan campione d’Italia a San Siro. Quel gruppo, allenato da Bortolo Mutti, si posizionò al 7° posto nel 2006 e aprì pure all’Oriente con la felice intuizione Yanagisawa. Usciti di scena i Franza, il club – 17° in Lega Pro – è in mano al presidente Natale Stracuzzi, ma non ha un progetto di rilancio. Aveva 23.336 abbonati alla prima stagione in A, oggi ne ha solo 680. E proprio Mutti osserva con rammarico: «A Messina mancano nuove figure imprenditoriali. I talenti sono importanti per ripartire, ma vanno inseriti in un’intelaiatura consolidata: in questo senso l’Atalanta è un esempio per tutti, e anche a Brescia stanno lavorando bene».”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.