Tra marketing e voglia di stupire: l’abito non fa più il calciatore

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla questione relativa alla maglia del Vicenza che ha creato scompiglio tra società e tifosi.

A Vicenza non hanno preso bene la maglia disegnata da Renzo Rosso per celebrare i 120 anni del club. Quelle strisce sistemate orizzontalmente e verticalmente non sono piaciute al pubblico del Menti che ha espresso tutto il suo disappunto durante l’ultima partita contro la Ternana. «Mi aspetto delle scuse per questi cori sulla maglia, perché io sono uno tra i più grandi creativi nel mondo della moda» – ha risposto alla fine dell’incontro il patron del Vicenza.

Righe, lattine, camou Non solo Vicenza comunque. Negli ultimi anni il tema piace-non piace si è gonfiato perché sono spuntate divise dettate spesso più da freddi studi di marketing che sgorgate dalla rivisitazione storica dei colori sociali dei club. La maglia celebrativa del Vicenza (righe orizzontali e verticali di lunghezze differenti) entra nel vastissimo album di divise discusse. Partiamo dalla Serie A di quest’anno. La terza dell’Inter nasce dall’idea di richiamare quella da trasferta del 1988-91: quella era su base bianca a blocchi trasversali neri e azzurri, quella di adesso è su base nera e i blocchi sono a tinte fluorescenti che rappresentano l’accoglienza della diversità e la lotta alla discriminazione. Il Napoli nel 2014 lanciò la “Camo Fight”, una maglia mimetica che richiamava i colori dell’Esercito. Nella stagione successiva al mimetico si aggiunse anche una spruzzata di giallo. Al club di De Laurentiis piace sperimentare – ricordiamo quella color denim, sembrava in jeans, della stagione 2014-15 – e omaggiare, come nel caso della morte di Diego Maradona con una divisa albiceleste simil Argentina e quella con il viso del Pibe in edizione limitata per la stagione corrente. Nel 2016-17 la Serie A accolse due versioni da “lattina”. Erano le terze maglie di Inter e Roma, le cui commistioni di blu luminoso e verde elettrico da una parte e di rosso, giallo e arancione dall’altro crearono l’effetto di due bevande famosissime. L’azienda americana con il baffo nel 2012-13 aveva proposto una soluzione simile con la maglia del Barcellona da trasferta, cangiante dall’arancione al giallo dalle spalle scendendo fino ai fianchi. Restando tra i top club italiani fece parlare la prima maglia della Juventus targata 2019-20 (con Cristiano Ronaldo) che per la prima volta dal 1903 abbandonò le righe bianconere verticali. Una metà bianca e una metà nera separate da una riga rosa sottile: una scelta di rottura con la tradizione del club per strizzare l’occhio ai nuovi mercati. Rimanendo in casa bianconera ricordiamo altre due divise che fecero discutere: la seconda grigia del 2000-01 (nebbiosa…) e quella rosa con i contorni di una grande stella disegnata (stagione 2011-12, il primo dei nove scudetti consecutivi).

Pois e frange La galleria delle maglie “chiacchierate” sarebbe troppo vasta per appenderle tutte qui. Proviamo a ricordarne qualcuna, girovagando per il mondo. Dal prosciutto stampato del Guijuelo (2016-17) ai pois bianchi su base rossa del Recreativo Huelva (2012-13), dallo smoking del Leonesa (2015) alla divisa “anatomica” del Palencia (2016-17), dall’apparato circolatorio dello Zamora (2018) alla maglia rosa con le patatine del fast food più noto al mondo a creare i numeri sulla schiena dei cileni dell’O’Higgins, 2019). La chicca è dei Colorado Caribous: era il 1978 e i giocatori vestivano stile cowboys… con le frange.