Repubblica: “Antonini nuovo proprietario, a Trapani torna l’entusiasmo”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Antonini, nuovo proprietario del Trapani.

Nasce a Dubai la rivoluzione copernicana dello sport trapanese. È lì che venerdì pomeriggio Valerio Antonini ha firmato il contratto preliminare di acquisto del Trapani calcio, dopo un braccio di ferro con l’ormai ex presidente Marco La Rosa. Formalmente, lo stesso Antonini ha comprato il settanta per cento delle quote, e il rimanente trenta per cento rimane nelle mani di Michele Mazzara, socio di minoranza. Di fatto, per 650 mila euro (cifra da cui sono stati detratti i debiti già maturati), Antonini diventa proprietario del club granata, promettendo un rilancio deciso delle ambizioni della città.

Un progetto la cui credibilità è confortata dall’acquisizione della Pallacanestro Trapani, che milita in A2 e l’anno prossimo punterà ad un piazzamento di prestigio. Al di là dell’indubbia solidità economica della nuova proprietà e delle dichiarazioni preventive («nel calcio puntiamo alla serie B in tre anni, nel basket costruiremo subito una squadra da playoff»), ciò che ha sorpreso è stato il modo con cui Antonini ha deciso di piombare in città. Nell’arco di tempo di appena tre settimane, ha sconvolto l’apatia di Trapani, sempre scegliendo la chiarezza e mai nascondendo alcun proposito. È andato a vedere le partite, si è sempre seduto in uno dei bar del centro storico per discutere con i suoi interlocutori, ha concesso interviste, parlato con la gente, curato alla luce del sole ogni dettaglio della propria immagine. Spiegando come l’amore per una donna di Trapani sia il motivo per cui ha pensato di fare base in questo centro di 80 mila abitanti.

La città, incredula, ha prima reagito con diffidenza. Poi, nel breve volgere di qualche giorno, ha spinto in ogni modo (complice un totale plebiscito a suo favore emerso dai social) affinché diventasse il “domi nus” dello sport granata. Trapani presto ha capito di non poter perdere quest’occasione. Antonini parla un linguaggio molto chiaro. Per lui, lo sport non è mecenatismo: questi non sono più i tempi del presidente “ricco e scemo” che mette soldi e a un certo punto si scoccia. Spiega di voler creare una polisportiva che si patrimonializzi, con l’acquisto o la gestione ventennale di stadio e palazzetto. Per questo parla di impianti, settori giovanili e scuola calcio. «Se fra dieci o venti anni non vorrò più divertirmi così, avremo creato qualcosa di molto appetibile, che, nel frattempo, avrà migliorato molto la città». Da oggi, inizia il difficile. Almeno, però, è rinato l’entusiasmo. Questo è il suo primo regalo.