Mancini all’attacco: «Italia spuntata, sì agli oriundi»

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’Italia di Mancini che punta sugli oriundi.

La svolta è vicina. Gravina lavora per alzare la quota degli italiani in Serie A: da 4+4 a 5+5 nella prossima stagione. La vera novità è un’altra: il processo di “italianizzazione” partirebbe con l’introduzione di una soglia minima (4+4) nel campionato Primavera. Sarebbe un successone politico dopo un anno di dibattiti e promesse non mantenute. Il ct Mancini, a dodici mesi dall’eliminazione dal Mondiale, ha scelto di tornare all’attacco nel senso totale dell’espressione. Fatica ad allargare la platea dei convocabili. È stato costretto a cercare un nuovo centravanti in Argentina, forse subito in campo a Napoli con l’Inghilterra. Prima convocazione per Mateo Retegui, 23 anni, numero 9 del Tigre. Si gioca con Gnonto e Scamacca il posto lasciato da Immobile e Raspadori, infortunati. «Lo seguivamo da tempo, ha grandi qualità, è sveglio. Non pensavamo ci dicesse subito sì. È una speranza per noi».

Un database per scoprire talenti in Sudamerica con origini italiane e documenti in regola. Lo scouting di Coverciano ha allargato i propri confini in autunno, avviando un progetto di ricerca. Il ct si è convertito agli oriundi. «Anni fa dissi che dovevano giocare in Nazionale solo calciatori nati in Italia, ma non esisteva il problema. Il mondo è cambiato, la maggior parte delle Nazionali hanno naturalizzati. C’è chi ha fatto la trafila con noi e poi è stato preso da altri Paesi perché non aveva il doppio passaporto. Noi dobbiamo fare la stessa cosa, di oriundi ce ne sono tanti. In Italia mancano i giocatori, è questa la realtà». Persino Southgate, ct dell’Inghilterra, ha cominciato a lanciare l’allarme per i troppi stranieri in Premier. «Se si lamenta lui… Noi stiamo peggio da anni» la risposta di Mancini. Neppure è consigliabile parlare di rinascita del calcio italiano dopo l’ingresso di Napoli, Milan e Inter ai quarti Champions. «In totale abbiamo sette-otto titolari distribuiti in tre squadre. Pochi. Dobbiamo trovare altro. Parlerei di rinascita del calcio italiano se ne vedessi 33 divisi tra Milan, Napoli e Inter, ma credo sia impossibile… Mi accontenterei della metà».

VISIONARIO. La vocazione del ct anticipatore di talenti è innata. Così ha parlato anche di Gnonto, 19 anni, lanciato la scorsa estate. Era allo Zurigo in scadenza. Il Leeds ci ha creduto. In Serie A l’hanno snobbato. «Perché in Italia non lo ha preso nessuno? Penso a club come Samp o Fiorentina. Da noi non poteva giocare, ma fa il titolare in Premier… In Olanda sta andando forte Oristanio: come mai non gioca da noi? Un giovane, se gli dai fiducia, cresce. Considero Zaniolo l’emblema. Lo chiamai e dopo qualche mese era titolare in Champions a Madrid con la Roma».

Il ct si è sbilanciato, in maniera ancora più verticale, sul talento di Simone Pafundi. Sottil lo porta stabilmente in panchina con l’Udinese. Mancio, dopo averlo chiamato in autunno, lo ha convocato a fronte degli appena 9 minuti in Serie A. «La lista? Prima Pafundi, poi tutti gli altri… È giovanissimo e ha qualità incredibili, l’ho chiamato perché vorrei che si allenasse con i più grandi per capire in fretta. Ci crediamo molto. Ai miei tempi i campioni a 17 anni erano titolari in Serie A. La mia speranza è che possa cominciare presto a giocare. Può essere uno da Nazionale per i prossimi vent’anni». Piena comprensione per i colleghi. «Ogni allenatore fa i propri interessi. Guidando la Nazionale, io devo trovare giocatori e avere una visione più lontana».