Corriere dello Sport: “Santana, amori veri: «Palermo è casa mia. L’infortunio è alle spalle. Mi alleno 4 ore al giorno per essere pronto alla ripresa. Stagione da finire»”

L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” riporta le dichiarazioni di Mario Alberto Santana, capitano del Palermo: «Non è tempo di smettere. Mi sono messo in testa di tornare a giocare e basta. Ho avuto tanti incidenti e ne sono venuto fuori. Ce la farò, l’età non conta. I dirigenti continuano a ripetermi che resterò in rosa. Adesso, però, ho solo voglia di ricominciare, da calciatore. Non vedo l’ora. Per altri ruoli, ci penseremo. Sono stato io a chiamare Sagramola. A Palermo, ho scritto la mia storia familiare e vissuto anni straordinari. Il destino mi ha dato quello che cercavo. E mi ero ripromesso di chiudere il cerchio qui. Mi alleno quattro ore al giorno, per recuperare in fretta. L’operazione è stata eseguita il 12 dicembre. Spero fra un mese, o due, di essere pronto. La prima cosa che mi ha detto Mathias dall’Argentina: “Così, potrai giocare qualche partita e festeggiare la promozione”. E’ l’unico figlio maschio, ha 11 anni, gli piace il calcio, e di recente ha fatto un provino per il Rosario. E’ tipo “Ringhio” Gattuso, altro giocatore rispetto al papà. Non esco dal giorno in cui mi hanno ordinato di stare a casa. Non so neppure dove correre. Il mio terrazzo non è adatto, rischio di scivolare. Per fortuna, questo è il periodo di esercizi per rinforzare il tendine. Ogni stanza è diventata una palestra. Se il Palermo dovesse vincere a tavolino? Sarebbe sempre un successo strameritato. Però, meglio a giugno o luglio, sul campo. Un peccato chiudere la stagione senza più partite. I ragazzi mi considerano leader, anche se non gioco? Il calcio, per noi anziani, è passare ai giovani le nostre esperienze». Si sente più argentino o italiano? «Sono argentino (ride, ndc)! Con un animo italiano. La mia compagna Federica è palermitana, le mie “pincipessine” sono nate a Varese e Palermo; i primi due figli, che vivono in Argentina con la mamma a Firenze e Palermo. Ho un debito di riconoscenza nei confronti dell’Italia che mi ha dato qualità di vita diversa da quella che avrei avuto in Argentina dove facevo il muratore e lo strillone. Casa? E’ tutto sottosopra! Ci svegliamo, facciamo colazione, poi gioco con Emily, nata il secondo giorno del ritiro precampionato, mentre Federica prepara Alis, che ha già tre anni. E di seguito: allenamento, pranzo, ancora con i bambini, secondo allenamento, la cena e tutti a letto. Film? Arriviamo così stanchi che prendiamo una camomilla e crolliamo. Ora, faccio da baby sitter. A Federica do una mano in altre cose: penso alle bimbe, lavo i piatti, passo l’aspirapolvere. La spesa la ordino su internet e in 3-4 giorni arriva. Non mi troverete mai su Facebook o Instagram. Con i compagni, Pergolizzi, lo staff ci sentiamo per telefono o mandiamo qualche messaggio. Chiamo i ragazzi che vivono senza la loro famiglia, così sentono meno la solitudine. E soprattutto il nostro “vecchietto francese” (Martin, ndr) che ha moglie e figli a Montecarlo. Il bimbo appena nato lo ha visto di sfuggita. La gente deve capire che non bisogna uscire. Ogni giorno mi affaccio dal terrazzo e vedo troppe macchine in giro. Vorrei che si prendesse coscienza della situazione. Paura? C’è sempre, per i figli, la famiglia, i parenti. La mia ex moglie vive a San Nicolas con Mathias e Mia; i miei genitori si trovano a Comodoro Rivadavia, in Patagonia, dove sono nato. L’Argentina, dopo i primi casi, è stata blindata, così sono più tranquillo. Ci troviamo in D, ma in fondo siamo professionisti. Basta una settimana per tornare come prima. Gli alibi non servono. Certo, se restiamo chiusi in casa ancora per un mese, diventa più difficile».