Ciclone plusvalenze sulla Juve: il club rischia l’esclusione

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sui rischi della Juve dopo lo scandalo plusvalenze. Multe, penalizzazioni, anche l’esclusione: il ventaglio delle sanzioni della giustizia sportiva è molto ampio.

Due ipotesi di reato. Nell’ordinanza delle perquisizioni operate dalla Guardia di Finanza e firmata dai tre pm di Torino nell’indagine «Prisma» che vede sotto indagine la Juve, il suo presidente e altri cinque dirigenti, si fa riferimento all’articolo 2622 del Codice civile, «false comunicazioni sociali delle società quotate», e all’articolo 8 del decreto legislativo 74/2000, «emissione di fatture e documenti per false operazioni». Sul primo filone, la norma punta il dito su amministratori e dirigenti che «nelle comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti». La pena va dai tre agli otto anni di reclusione. Nel decreto legislativo, invece, ci si riferisce a eventuali vantaggi fiscali delle operazioni fittizie, prevedendo un quadro sanzionatorio che va da 18 mesi a sei anni.

Le due giustizie Ma che tipo di rimbalzo l’inchiesta ordinaria può avere sul fascicolo sportivo aperto meno di un mese fa dalla procura federale messa sul chi vive dalla Covisoc? Sugli intrecci fra le due giustizie si è detto di tutto. La legge 280 disciplina il rapporto fra i due ordinamenti, preservando alcuni ambiti specifici dei codici sportivi. Qui, però, siamo di fronte a una fattispecie diversa, i reati specifici non sono «sportivi». In linea di massima, alla fine del momento istruttorio, quando l’indagine è finita, la procura della repubblica competente spedisce le carte alla giustizia sportiva. Ma si tratta di una prassi che non sempre viene rispettata. Di sicuro in questo momento, la procura federale non ha in mano i primi esiti investigativi dell’inchiesta dei pm di Torino, soprattutto le intercettazioni, le «attività di ascolto» di cui parlano i magistrati, ma soltanto la relazione della Covisoc e la «verifica ispettiva» della Consob. Per ora, Giuseppe Chinè, il capo della procura del calcio, non prenderà iniziative lasciando il palcoscenico investigativo a Torino. Ciò non vuol dire che la vicenda non sia seguita e attenzionata, ovviamente. Ma è con la lettura dei documenti, nell’ordinanza c’è solo un distillato di frasi per giustificare acquisizioni e sequestri, si potrà imbastire un’istruttoria sportiva, con l’eventuale processo.