La Stampa: “«Non reggeremmo un contagio di ritorno». Conte avverte, c’è ancora rischio”

Ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha parlato nuovamente alla Nazione. L’edizione odierna di “La Stampa” fa il punto della situazione sulle parole del premier che ha rinnovato il lockdown fino al 3 maggio. Pronunciata la dura sentenza «proroghiamo le misure restrittive fino al 3 maggio, decisione difficile ma necessaria», due frasi del premier Giuseppe Conte la dicono lunga: il primo messaggio – dopo aver confermato che resta tutto chiuso tranne librerie, studi professionali e negozi per bambini – è quel «dobbiamo prevenire il contagio di ritorno»: che svela una paura inconfessabile che rimbalza nelle conversazioni tra ministri. Quella di una seconda micidiale ondata di contagi che faccia riesplodere la crisi sanitaria, con un governo appesantito da una sfiducia dei cittadini nelle istituzioni, un governo che avrebbe fallito la sua mission. «Come faremmo a convincere la gente a rientrare a casa?» è l’interrogativo fantasma. Di qui la prudenza, il collante con i timori della scienza: il rischio di uno tsunami di ritorno che travolgerebbe tutto. Il paese non è fuori pericolo.
Un segnale alle imprese Il secondo segnale di Conte invece mira a tacitare lo scontento del mondo imprenditoriale. E’ quell’invito alle imprese di sanificare le proprie strutture: una sorta di “preparatevi e abbiate fiducia” che forse aprirete prima. Accompagnato da una frase evocativa di più vasti orizzonti. «Prometto che se anche prima del 3 maggio si verificassero le
condizioni, cercheremo di provvedere con ulteriori riaperture. Non possiamo aspettare che il virus sparisca. Dobbiamo ripensare le nostre organizzazioni di vita». A quello ci penserà la task force affidata a Vittorio Colao. E anche l’Inail, che ha stilato la lista dei lavori più a rischio, bar e ristoranti, e di quelli che potranno riaprire prima. Rischio di un rompete le righe Il parto è stato travagliato fino alla fine: con le ragioni dei renziani e dei governatori, dei sindacati e degli scienziati. Riaprire qualcosa dopo Pasqua, col rischio di far partire un segnale di “rompete le righe” in vista dei ponti del 25 aprile e 1 maggio? Oppure tenere la barra dritta come implorano i medici? Il governo sceglie la linea dura, ma non ferrea: dal 14 aprile apriranno non solo le librerie e le cartolibrerie, ma anche i negozi di abbigliamento per neonati e bambini e di articoli sanitari, i negozi di animali. Maglie più larghe anche per gli studi professionali, non solo di architettura e ingegneria, ma pure «le attività professionali, scientifiche e tecniche». Altri settori entrano nell’elenco allegato al Dpcm del premier: la manutenzione di boschi, fabbricazione di computer, cura del paesaggio, opere idrauliche, commercio all’ingrosso di carta. Rispetto al decreto precedente, il nuovo Dpcm permette gli ingressi nelle aziende per fare le buste paga e autorizza «la spedizione verso terzi di merci giacenti in magazzino, nonché la ricezione in magazzino di beni e forniture». Consentita attività motoria da svolgere «individualmente e in prossimità della propria abitazione, purché nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona». Parchi e case vacanze chiuse, sempre vietato rientrare nelle proprie abitazioni da altre zone. Dunque resta grande cautela, perché «dobbiamo contenere l’indice di contagio, non possiamo permetterci una esplosione». E il rischio di un precedente Molti avvertono sui rischi di passare a dinamiche settoriali, fin qui non seguite, «perché se apri un settore, gli altri ti chiedono, “e perché noi no?”», spiega un dirigente di governo. Insomma si creano precedenti a cui tutti anelano di attaccarsi. Come è successo per le cartolerie con le librerie. Perché allora non si riaprono i negozi, se le librerie rientrano nei requisiti?, è la domanda delle categorie. Altro timore dei ministri è di rompere quella alleanza tra scienza e politica che si è saldata fino ad oggi sulle procedure di contenimento, che non vanno messe in discussione. Ma la questione economica è drammatica, anche il bisogno della ripresa sta a cuore a tutti. Per questo il premier mette l’accento sul lavoro della task force. La fase due è ufficialmente partita.