L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul 2021 che volge al termine, ripercorrendo i momenti belli ma anche quelli brutti.

2021. Se ne va con la morte di Hugo, un anno dopo. Senza più colui che ne giustifica il nome, i Maradona continuano a morire. Che Dio lo maledica, questo 2021, per quanto malefica è l’illusione. Crudele e ingannevole. L’essenza dell’incubo è nella sua ondivaga e subdola persistenza, nel suo fingersi distante per poi ripresentarsi sotto spoglie sempre diverse. Non è questa la letteratura del demonio? Il demonio è quello che c’è nell’oscura metafisica di un Male a priori o semplicemente quello che accade in una natura che fondamentalmente se ne frega delle nostre mitomani attese e pretese? Nel caso, il virus è il demonio perfetto. Lo sport, con il suo mito della salute e del corpo trionfante, il bersaglio simbolico perfetto, anche se poi l’accanimento sadico va sui deboli.

Varchiamo dunque con tutte le disilluse cautele del caso la soglia del 2022, spendendo un grande e inutile dibattitto su “Don’t look up”, il filmone di Netflix costipato di star al loro peggio, una boiatona da non crederci sul tema dell’umano che non ne può più di essere umano, ma plastica, demenza, polvere, virtuale e non, esso stesso plastica da botteghino, con qualche trovatella qua e là, il minimo avendo a libro paga ingegnosi scribacchini. Quando, sarebbe il caso di chiamarlo “Don’t look back”, il filmone, “Non guardiamoci indietro”, sequel di “Chiudete quella porta!”. Il 2021. Coniugando pandemia e sport sul tema dell’incubo, l’esempio sciagurato è la Nazionale di Mancini. Ci spedisce prima in paradiso, ci libera dal sospetto d’essere diventati un B movie, una robetta minore, per poi rigettarci a distanza di pochi mesi, ancora tripudianti fregnoni di titolo e corona, nell’abisso di un possibile secondo sfratto consecutivo dai mondiali. Più smarriti e confusi di prima. Pandemonio, finimondo, pandemondo? “Non vogliamo nemmeno pensarci alla possibilità che accada” è lo slogan dei papaveri ai piani alti in vena di esorcismo. Il problema è che sta accadendo. Sta precipitando. Come la cometa patacca nel film di un Di Caprio in versione nerd, più ebete che nerd, la disgrazia ci sta cadendo addosso, e nessuno ci crede davvero. Mario Draghi ci salverà anche da Cristiano Ronaldo? L’uomo dei miracoli. È lui o no, insieme al generale alpino, che ha riportato la gente, cioè la vita. Negli stadi?

Cose belle, cose tristi e cose eccessive non sono mancate in questo vaccinatissimo 2021. La confessione di Paul Gascoigne, non si sa quanto ebbro o sobrio: «Ho preso a pugni il cadavere di mio padre e poi mi sono sdraiato al suo fianco per un’ora». Quella di Mike Tyson: «Mi sballo fumando il veleno dei rospi». Mike e Paul delirano, il Pallone si tortura. Non fa in tempo a celebrare il ritorno della tumultuante carne negli stadi che deve subito affrontare un nuovo choc: l’avvento della Superlega separatista. Dodici club di prestigio mondiale, la Juventus in prima fila, vogliono campionato e campioni a parte, niente retrocessioni, solo ammissioni. Dura due giorni. Tifosi in rivolta, media unanimi, i protagonisti del calcio, allenatori e giocatori, si allineano, chi furente, chi prudente: «La Superlega? Una schifezza!». Ceferin esulta. Anche troppo.
2021. Anno nero per la Juve e per la casa madre, nel nome degli Agnelli. Assembramenti al Duomo. Che sia l’Inter dell’odiatissimo Conte a spezzare la sequenza di scudetti vinti è una damigiana di puro fiele. A proposito di incubi. La Roma torna a Manchester una volta di troppo. Questa volta è solo un 6 a 2. La buona notizia è che, mentre Fonseca e i suoi replicano il disonore, Friedkin padre e figlio fanno il colpaccio a Londra. José Mourinho alla Roma, l’avvento del 2021 è anche l’evento. La Roma giallorossa saluta incredula il suo profeta in un pieno di stupore e di felicità. Arriva Josè, torna Allegri alla Juve e si rivede Sarri, questa volta alla Lazio. Strana coppia, lui e Lotito. Durerà? Luciano Spalletti al Napoli. Stranissima coppia. Lui e De Laurentiis. Durerà? I miracoli avvengono, ma non sempre durano. Mou in versione Lupa a 57 anni, Naomi Campbell madre a 51. I grandi tornano, vivono, fecondano e si fanno fecondare. I grandi muoiono. Milva e Franco Battiato, Carla Fracci e Raffaella Carrà. Muore anche Tarcisio Burgnich, la roccia che ci provò invano ad arginare le svettanti euforie di Pelè e di Gigi Riva.

Chiara Ferragni e i Maneskin trionfano invece ovunque, spostano le masse, mascherate e non. Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi stravincono a Tokyo, e nessuno ci crede. Stravince la 4×100, e nessuno ci crede. Giovanni Malagò è una mongolfiera ubriaca e spettinata. Troppo, anche per lui. Non vince, ma commuove Federica Pellegrini, quinta finale olimpica consecutiva nei 200 s.l. Mai nessuna come lei. Giampiero Galeazzi, il cantore olimpico degli Abbagnale, si rassegna a lasciare questa terra diventata per lui inospitale, ma solo dopo aver esultato per gli ori di Tokyo. È l’anno degli addii. Della stessa Federica Pellegrini. E di Valentino Rossi. Lascia a quasi 43 anni, dopo 26 motomondiali e 9 titoli vinti. Due tra le cinque più penetranti leggende di sempre dello sport italiano lasciano senza malinconia. Diventeranno altro, sicuramente madre e padre non più solo di se stessi. È l’anno del tennis italiano. Di Matteo Berrettini e di Jannik Sinner.

Nel frattempo, Cristiano Ronaldo torna al Manchester United e Leo Messi, il Sublime, va al Paris St. Germain, senza aver mai lasciato davvero il Barcellona. Strameritato, checché ne dicano, il suo settimo Ballon d’Or. Il nuovo campionato avanza nel segno dell’Inter, si legge Simone Inzaghi e si pronuncia Antonio Conte. Non ce la fanno nemmeno Gino Strada e Lina Wertmuller. Troppo stanchi e troppo vecchi. Massimo Ferrero in galera non si sa bene che storia sia, ma certo una storia bella turpe. Bella solo perché è finita. L’ultimo giro di Verstappen contro Hamilton è l’ultimo brivido dell’anno. E, mentre i No Vax si fanno montare braccia di silicone pur di non farsi iniettare la “cosa” che li ucciderà, il resto degli umani continua la sua faticosa e vaccinata marcia di tutti i giorni, assediati dalle nuove varianti e dalla vecchia voglia di vivere. Ostinata e illesa. Quella di sempre.