“Nascondevo le bottiglie ed entravo in campo sempre ubriaco”: 2 Mondiali, 1 Europeo e un grave problema con l’alcol | Ha distrutto un’intera carriera

Italia Irlanda - fonte lapresse - ilovepalermocalcio
L’alcol è una brutta bestia e spesso i calciatori ne fanno le spese a caro prezzo come il protagonista di questa storia.
Nel mondo del calcio, dove la pressione mediatica, le aspettative e il successo possono raggiungere livelli estremi, le dipendenze rappresentano una minaccia silenziosa ma devastante. L’abuso di alcol, in particolare, ha segnato molte carriere, interferendo con la preparazione atletica, la concentrazione e la disciplina necessarie per mantenersi al vertice. Spesso, dietro il sorriso di un campione si nasconde un disagio profondo, alimentato da solitudine, stress o difficoltà personali.
La dipendenza dall’alcol può iniziare in modo quasi invisibile, magari come forma di evasione o abitudine sociale, per poi trasformarsi in una spirale pericolosa. Gli effetti si manifestano non solo sul rendimento in campo, ma anche nei rapporti con compagni, allenatori e società. Le assenze agli allenamenti, le prestazioni altalenanti e gli episodi fuori dal campo diventano segnali evidenti di un problema che rischia di compromettere l’intera carriera.
In molti casi, le società non riescono a intervenire in tempo, o preferiscono ignorare i segnali per tutelare l’immagine del club e dell’atleta. Tuttavia, senza un supporto adeguato, il calciatore può ritrovarsi isolato, con la dipendenza che prende il sopravvento. Anche il ritorno alla normalità, una volta intrapreso un percorso di recupero, è spesso lungo e complesso.
Affrontare il tema delle dipendenze nel calcio richiede una maggiore consapevolezza culturale e strumenti concreti di prevenzione e supporto. È fondamentale rompere il tabù e mettere al centro la salute mentale e fisica dell’atleta, prima ancora del rendimento sportivo.
Paul McGrath: talento e tormento
Paul McGrath è stato uno dei difensori più talentuosi della sua generazione, con una carriera che ha attraversato club prestigiosi come Manchester United e Aston Villa, oltre a 83 presenze con la nazionale irlandese. Tuttavia, dietro le sue prestazioni straordinarie si celava una lotta personale contro l’alcolismo, una dipendenza che ha segnato profondamente la sua vita e la sua carriera.
Nel suo libro autobiografico Back from the Brink, McGrath racconta con sincerità le difficoltà affrontate, inclusi episodi in cui si presentava agli allenamenti o addirittura alle partite sotto l’effetto dell’alcol, e momenti in cui scompariva per giorni interi senza ricordare dove fosse stato.
Le sue battaglie personali hanno avuto ripercussioni anche nei rapporti con gli allenatori, in particolare con Sir Alex Ferguson, che alla fine decise di cederlo all’Aston Villa nel 1989. Nonostante ciò, McGrath riuscì a rinascere calcisticamente, diventando una leggenda per i tifosi del Villa e vincendo il premio PFA Players’ Player of the Year nel 1993. La sua capacità di eccellere in campo, nonostante le sfide personali, testimonia una resilienza straordinaria.

La lotta continua e l’impegno per la salute mentale
Anche dopo il ritiro, McGrath ha continuato a confrontarsi con la sua dipendenza. In interviste recenti, ha ammesso di aver avuto ricadute, ma ha anche sottolineato l’importanza di cercare aiuto e di parlare apertamente dei problemi di salute mentale. Ha partecipato a campagne di sensibilizzazione, incoraggiando gli uomini, in particolare gli atleti, a non nascondere le proprie difficoltà emotive .
Oggi, McGrath vive una vita più tranquilla e continua a essere una figura rispettata e amata, non solo per le sue imprese calcistiche, ma anche per il coraggio con cui ha affrontato e condiviso le sue battaglie personali. La sua storia serve da monito sull’importanza del supporto psicologico nello sport e sulla necessità di affrontare le dipendenze con empatia e comprensione.