Nell’intervista pubblicata dalla Gazzetta dello Sport, Demba Thiam si racconta con la stessa profondità che mette tra i pali. Con i suoi 202 centimetri è un gigante, ma è la sua storia a renderlo ancora più imponente. E l’avvio di stagione del Monza, capolista con sei vittorie consecutive, parla per lui: miglior difesa del campionato, sei clean sheet, 32 parate su 37 tiri in porta.
Come riportato dalla Gazzetta dello Sport, Thiam però mantiene l’equilibrio: «A questo punto non ci si può nascondere, a patto però di continuare a lavorare passo dopo passo. La strada è ancora lunghissima. I margini di miglioramento ci sono e vanno esplorati con umiltà».
Il Monza può crescere ancora? Per il portiere, sì: «Siamo un gruppo perfetto, ci vogliamo bene, c’è armonia nello spogliatoio e giochiamo divertendoci. Il primo pensiero dovrebbe essere sempre quello: divertirsi».
Nel campionato di Serie B, osserva Thiam alla Gazzetta dello Sport, le previsioni hanno senso solo se divise in tre fasi: da inizio stagione alla pausa di novembre, dalla ripresa allo stop di marzo e la lunga volata primaverile. «Non dobbiamo mai pensare di essere primi, ci sono difficoltà continue, il torneo è equilibrato e ci possono essere sorprese».
Monza e il progetto tecnico
Sul suo arrivo in Brianza, Thiam spiega — sempre alla Gazzetta dello Sport — che la scelta è stata reciproca: «Avevo altre squadre interessate, ma ho voluto il Monza con decisione, così come la società ha voluto me. Ringrazio tutti per l’opportunità, in primis Baldissoni e Burdisso».
Molto forte il rapporto con Bianco: «È un allenatore completo che ascolta tutti e cerca il confronto. Prima di essere un tecnico è un uomo vero».
Tecnica, rigori e… basket
Alla domanda su cosa lo renda più orgoglioso tra il miglioramento con i piedi e l’essere un pararigori, Thiam risponde: «Per la prima cosa, perché ho svolto allenamenti supplementari per riuscirci».
Sui rigori, scherza: «Studio molto, ma è un segreto…».
I suoi 202 centimetri avrebbero potuto indirizzarlo verso il basket: «Gioco ancora piuttosto bene da pivot, ma il calcio è il calcio».
Origini, famiglia e identità
Nato a Dakar, Thiam ha passaporto italiano. La Gazzetta dello Sport racconta che lo deve a Gabriella, sua moglie napoletana conosciuta mentre era alla Spal: «Prestava servizio nella scorta, è una poliziotta. È scattata la scintilla. Abbiamo una bambina di quasi quattro anni, Aida, come mia madre».
E aggiunge: «A casa parlo pure in napoletano. Ascolto musica neomelodica, mi piace Liberato. All’inizio ero più uno da Adriano Celentano».
Sulla nazionale senegalese: «È una conseguenza. Se gioco bene col Monza, è più facile che mi convochino».
Ricorda poi il suo arrivo in Italia: «Avevo meno di 15 anni. A Dakar giocavamo tutti i giorni: ragazzini contro adulti. Sono arrivato a Viareggio con solo uno zaino. Volevo diventare un professionista. I miei sono rimasti a Dakar e ho già portato lì la mia famiglia».
Thiam parla anche del suo modo di vivere: «Mi adatto subito. In ogni luogo ho preso qualcosa che mi ha arricchito».
E dell’essere padre: «Voglio che mia figlia abbia ciò che io non ho potuto avere».
Chiude con una nota personale: «Preferisco i luoghi tranquilli, lontani dal rumore. Vivo appena fuori Monza e appena posso prendo la bicicletta e pedalo al parco».