PALERMO

Rossi: «Calcioscommesse, Palermo e la difesa di Delio Rossi: la mia verità»

Come racconta Francesco Pietrella sulla Gazzetta dello Sport, Generoso Rossi oggi ha 46 anni, ha lasciato da tempo i riflettori della Serie A e gestisce la sua scuola portieri “GR1” a Mugnano di Napoli. Un passato brillante, un crollo improvviso, una rinascita lenta. Ma soprattutto una verità che Rossi vuole ribadire con forza.

Rossi, segue ancora il calcio di oggi?

«Onestamente? Mi fa schifo. È un calcio senza valori. I bambini imitano calciatori che non dovrebbero essere esempi: atteggiamenti sbagliati, ostentazioni, simulazioni».
Poi aggiunge a Francesco Pietrella della Gazzetta dello Sport: «Ai miei ragazzi insegno l’opposto: niente mode, niente finte superstar. Io da giovane ero così, e so dove porta».

È vero che ha sperperato troppo?

«Sì, l’ho fatto. Anche se i primi stipendi li mandavo a mia madre. A 12 anni ho perso mio padre, dovevo fare l’uomo di casa: sei sorelle, capisce? Poi ero uno che amava uscire e fare serata. Tornavo alle tre, ma in campo davo tutto».

C’è un episodio che la lanciò?

«Giocavo tre anni sotto età. Parai un rigore contro il Noicattaro. In tribuna c’era Beppe Materazzi. A fine partita chiese il mio nome».
«Da lì iniziò tutto» ricorda Francesco Pietrella sulla Gazzetta dello Sport, ripercorrendo l’esordio in Serie A nel 2000, le stagioni a Bari e Siena, le stanze condivise con Cassano e gli scherzi continui.

Poi lo scontro con Papadopulo e la rescissione…

«Gli dissi quello che pensavo: che non era sincero e che non lo sopportava nessuno. Ci fu un botta e risposta forte. Lasciai dei soldi sul tavolo e gli dissi: “Comprati quello che vuoi”. Da lì non giocai più».

LA PARTE PIÙ DOLOROSA: CALCIOSCOMMESSE, PALERMO E DELIO ROSSI

Secondo quanto sottolinea Francesco Pietrella sulla Gazzetta dello Sport, è questo il capitolo più traumatico della vita di Rossi.

La squalifica per calcioscommesse. Cosa ricorda?

Rossi sospira:
«Ricordo i mitra della polizia in casa alle quattro del mattino. Sequestrarono tutto: telefono, computer, conti. Mi accusarono persino di associazione camorristica. Ma non trovarono nulla».

Scommetteva o no?

«Sì, ma non sulla mia squadra. Mai. Scommettevo sulla Serie C, e non potevo farlo. Ma non ho mai venduto una partita. Altri sì, e giocano ancora».

A Francesco Pietrella sulla Gazzetta dello Sport aggiunge: «Mi hanno marchiato. Mi hanno bruciato la carriera».

Che ruolo ebbe il Palermo?

«Io ero di proprietà del Palermo. Senza quella squalifica sarei andato alla Lazio a giocarmela con Peruzzi. Mi hanno tolto la possibilità di fare il salto».

E le intercettazioni con Ambrosino?

«Hanno interpretato frasi napoletane come chissà cosa. Dicevo “hai capito sì?” solo per togliermelo di torno. Mi accusarono persino di aver manipolato Chievo-Siena del 2004… e io quella partita non l’ho nemmeno giocata».

Delio Rossi l’ha difesa pubblicamente. Quanto ha pesato?

Rossi si illumina:
«È stata la mia più grande soddisfazione. Rossi testimonió ricordando Lecce-Palermo del 2002-03, partita decisiva per la promozione. Io ero già dei rosanero e fui migliore in campo. Disse che era impossibile che uno come me potesse vendersi una gara».

«Quelle parole — racconta Rossi a Francesco Pietrella sulla Gazzetta dello Sport — me le porterò dietro per tutta la vita».

Il peso di essere chiamato “venduto”?

«Devastante. Ventimila persone allo stadio che ti urlano quella parola. Se non avessi avuto la mia famiglia sarei crollato».

Senza squalifica dove sarebbe arrivato?

«Me lo dico ogni giorno: forse avrei potuto far parte dell’Italia campione del mondo. Invece andai al QPR in Inghilterra, sei mesi difficili. Poi Trieste, Sorrento… e tante porte chiuse per colpa di quel marchio».

Un sogno?

«Formare un portiere da Serie A. E fare, finalmente, il lavoro che volevo fare da grande».

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Redazione Ilovepalermocalcio