SERIE B

Il Mattino: “Stop alla Juve Stabia «Era gestita dai boss»”

Ai calciatori un solo compito: «Entrare in campo e provare a vincere».
A tutto il resto pensavano loro, quelli del clan. Ticketing, sicurezza, steward, ambulanze, perfino la gestione del vivaio. Come riporta Leandro Del Gaudio su Il Mattino di Napoli, l’inchiesta sul mondo Juve Stabia svela un sistema di infiltrazioni mafiose radicato e totale, che ha portato il Tribunale Misure di Prevenzione a disporre ieri l’amministrazione giudiziaria della società.

Dodici mesi di controllo e gestione affidata a manager nominati dal Tribunale di Napoli per “bonificare” i rapporti del club con ambienti criminali. È questo il cuore della misura antimafia, frutto di un’indagine condotta dal pool coordinato dal procuratore nazionale Gianni Melillo e dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri, con i pm Antonello Ardituro, Liana Esposito, Giuseppe Cimmarotta e l’aggiunto Sergio Ferrigno. Un’inchiesta resa possibile anche dal lavoro della Polizia, guidata dal questore Maurizio Agricola e dal prefetto Michele Di Bari, con il contributo del primo dirigente Nunzia Brancati.

«Le mafie sono presenti dove ci sono soldi, potere e consenso», ha spiegato Gratteri. «Il calcio locale è stato una grande vetrina nel silenzio assordante delle istituzioni». E Melillo aggiunge: «Il quadro che emerge non riguarda solo il calcio: il clima di violenza e suprematismo che si respira nel tifo è terreno fertile per tragedie come quella di Rieti».

La genesi dell’inchiesta

Tutto parte il 9 febbraio 2025, quando un controllo allo stadio Romeo Menti rivela la presenza di Giovanni Imparato, ritenuto esponente dell’omonimo clan vesuviano, con il ruolo ufficiale di responsabile della sicurezza. Una scoperta che apre uno scenario inquietante: la camorra gestiva i servizi di ordine pubblico, la biglietteria, gli steward e perfino gli interventi sanitari, affidati a ditte in odore di criminalità.

Il questore Agricola spiega che tra gli operatori erano presenti oltre venti soggetti “daspati” riconducibili al tifo organizzato stabiese. Da lì parte lo screening su tutte le aziende collegate al club.

La festa del 29 maggio e i clan sul palco

Un episodio chiave, ricostruito da Il Mattino di Napoli, risale al 29 maggio scorso, quando il Comune di Castellammare di Stabia organizzò una festa pubblica per celebrare la stagione della Juve Stabia. Sul palco, accanto al sindaco Luigi Vicinanza (estraneo all’inchiesta), si imposero soggetti noti alle forze dell’ordine, come Michele Lucarelli e Raffaele Di Somma, che pretesero di premiare i calciatori.
Il giorno successivo la polemica esplose: il sindaco prese le distanze, mentre il dibattito politico si infiammò anche grazie all’intervento del parlamentare europeo Sandro Ruotolo.

Il trucco dei “daspati” e il controllo totale

Gli investigatori hanno accertato anche un sistema di falsi dati anagrafici utilizzato per consentire a tifosi colpiti da Daspo di accedere ugualmente allo stadio. Un meccanismo rodato, segno di un’infiltrazione profonda e strutturata.

«È un mondo intero passato al setaccio», scrive Leandro Del Gaudio su Il Mattino di Napoli: decine di nomi sono ora al vaglio degli inquirenti. Perfino dal carcere duro, un boss avrebbe inviato raccomandazioni per favorire un giovane calciatore nel settore giovanile del club.

La misura del Tribunale

Il provvedimento, firmato dalla presidente Teresa Areniello con i giudici Luciano Di Transo e Mariarosaria Orditura, stabilisce che la Juve Stabia dovrà dimostrare, entro dodici mesi, di aver completamente bonificato i servizi esterni. Il Tribunale definisce i vertici del club «incolpevoli ma non inconsapevoli» della morsa criminale che li circondava.

L’obiettivo è restituire pulizia e legalità a un vivaio che, come sottolinea il questore Agricola, «dovrebbe essere selezionato per merito, non per pressioni della camorra».

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Redazione Ilovepalermocalcio