Francesco Guidolin festeggia i suoi 70 anni lontano dai riflettori, con il garbo e la riservatezza che lo hanno sempre contraddistinto. In un’intervista concessa ad Alessandra Bocci per la Gazzetta dello Sport, l’ex allenatore ha raccontato il suo presente, i bilanci della carriera e qualche piccolo rimpianto.
«Avrei dovuto emigrare prima – confessa Guidolin – perché all’estero è tutto più semplice, più rilassato. Ma in fondo sono orgoglioso di quello che ho fatto». Otto partecipazioni alle coppe europee con quattro squadre diverse, tre promozioni dalla Serie B al primo tentativo e la Coppa Italia conquistata con il Vicenza nel 1997: un percorso che, come sottolinea la Gazzetta dello Sport, è stato costruito senza mai passare dalle grandi panchine, ma con continuità e risultati.
Il tecnico veneto racconta ad Alessandra Bocci che il calcio non gli manca: «Ho chiuso al momento giusto. Ora mi dedico alla famiglia e ai miei nipoti. Mio figlio Giacomo vive a Londra, e da quando lui si è trasferito lì la capitale inglese è diventata un po’ la bussola della nostra vita». E proprio la Gran Bretagna è stata una tappa importante: «Quando ho allenato lo Swansea ho scoperto un altro mondo. Io e mia moglie Michela ci eravamo già innamorati di Londra molto tempo prima».
Nel colloquio con la Gazzetta dello Sport, Guidolin ammette che un piccolo rimpianto c’è: non aver avuto un ruolo di consulente nell’Udinese e non essere riuscito a vivere un’esperienza in Nazionale. «Con Tavecchio ci fu un’idea, poi scelsero Conte, che è bravissimo», spiega.
Oggi la sua quotidianità è fatta di bicicletta, lunghe camminate e famiglia. Ma lo sguardo sul calcio resta vivo: «Non amo la costruzione dal basso, preferisco le squadre che pressano alto. Mi piacciono Italiano e Gasperini, e all’estero Klopp e il suo successore Slot». Alla domanda su quale giocatore avrebbe voluto allenare, la risposta è secca: «Bernardo Silva e Xavi».