Un percorso che ha del clamoroso: da ultimo posto con il Cosenza a primo con il Frosinone in soli 213 giorni. È questo il cuore della lunga intervista che Nicola Binda ha realizzato per La Gazzetta dello Sport, ricostruendo la rinascita tattica, emotiva e professionale di Max Alvini, oggi alla guida della capolista.
Alvini, da ultimo a primo: più sorpreso dalla chiamata del Frosinone o dal primato?
«Non mi aspettavo la chiamata di Castagnini, lo confesso. Poi ho trovato la fiducia di Stirpe e Doronzo, e il Frosinone è questo: una piramide vincente che mi ha dato tutto per lavorare bene»
Se gli allenatori venissero giudicati solo dai risultati, saremmo tutti direttori sportivi…
«È la verità. Fino a Cremona ho fatto un percorso netto, e sono arrivato in A dopo 22 anni di carriera. Poi a Spezia e Cosenza ho vissuto esperienze negative, ma sono cicatrici che mi hanno fortificato e reso un allenatore migliore»
Perché le sue idee piacciono così tanto, come sottolinea Nicola Binda sulla Gazzetta dello Sport?
«Perché tutti sanno che mi piace lavorare, che voglio costruire un gruppo che si riconosce nella disciplina e nei principi. Il risultato non può essere tutto»
Siete l’unica squadra della B che gioca sempre a quattro dietro. Perché?
«Mi sono adattato alla rosa costruita da Castagnini. La squadra si esprime meglio così, anche se possiamo giocare a tre e durante la partita lo facciamo. L’importante è essere flessibili»
Per lei, però, non è una novità.
«Fino a dieci anni fa giocavo a quattro, nel professionismo a tre, ma sempre a zona. Oggi tante difese giocano a tre con riferimento agli uomini, non alla palla. Sono stato tre anni all’AlbinoLeffe quando Gasperini iniziava a Bergamo: l’ho studiato e rispetto anche quei principi»
E come nasce il miglior attacco della Serie B?
«Dalla qualità dei giocatori. Portiamo tanti uomini in area e facciamo gol perché sono bravi. Rischiamo, ma ho sempre preferito un calcio propositivo»
Chi ha oggi nel mondo le idee migliori?
«Gli italiani. La nostra scuola è la migliore al mondo. Ancelotti per leadership, Conte per metodo, Italiano e Baldini per la tattica. Spalletti è un maestro. Ho visto Sarri e Giampaolo: sono tutti maestri. La settimana scorsa ho riproposto un esercizio che Sarri faceva nel 2012 a Empoli: è piaciuto»
Come ha trovato il Frosinone dopo una stagione complicata?
«Non depresso, anzi: ho trovato chiarezza, coerenza, voglia di lavorare. I valori c’erano. La squadra è giovane, non era demoralizzata. Noi dello staff ci siamo messi a loro disposizione e abbiamo ricevuto subito risposte e disciplina»
Lo stesso cammino del Monza stellare: coincidenza?
«Conta il campo, non i nomi o gli ingaggi. Siamo una squadra con l’ambizione di volerci migliorare.»
Dopo le sconfitte con Monza e Venezia nessun crollo. Perché?
«Perché dietro c’è un lavoro. I nostri punti sono tutti meritati e forse ce ne manca qualcuno»
Quindi potete competere per la promozione?
«Sarebbe qualcosa di enorme. Ma preferisco parlare di identità e disciplina. La parola “Serie A” è grande… Il bello della B è che la differenza non la fanno i nomi né i soldi»
Tra i giovani: chi farà carriera?
«Ghedjemis, Bracaglia, Kvernadze… ma anche Calvani, Monterisi, Barcella, Cichella, Palmisani, Grosso. Ce ne sono tanti che faranno strada.»
Dopo otto squadre in dieci anni tra A, B e C, Frosinone è il posto giusto?
«Sì. La B è l’unico campionato che non ho vinto: prima o poi voglio farcela. E oggi Frosinone è il massimo»
Quanto pesano i 381 km da Fucecchio?
«Stare via da casa è un test, ma sono felice quando lavoro e quando torno dalla famiglia»
Riesce a distrarsi?
«Purtroppo poco. Mi distraggo solo quando torno dai miei genitori, dagli amici»
Ultimo film?
«La prima del film sul mio amico Brunello Cucinelli»
Ultimo libro letto?
«La biografia di Conte»
Giuseppe l’ex premier?
«No, macché: Antonio!»