Nel tempio incrostato del calcio istituzionale italiano, dove spesso regnano conformismo e compromessi, spunta una figura che sembra uscita da un altro tempo: Silvio Baldini. Un “eretico”, come lo definisce Cristiano Gatti sul Corriere dello Sport, scelto per guidare la Nazionale Under 21. Una decisione che risuona come una fucilata in una cattedrale, un gesto radicale in un ambiente che da tempo ha smarrito la propria voce più autentica.
La storia di Baldini è fatta di episodi sopra le righe, spesso ai margini della tollerabilità pubblica. Dai tempi di Empoli, quando in 90 minuti collezionò 67 bestemmie, al famoso calcio nel sedere rifilato a Mimmo Di Carlo durante un Catania-Parma. Non si è mai nascosto, nemmeno di fronte alle polemiche e alle sanzioni: squalifiche, multe, critiche feroci. Come nel 2020, quando vietò a un fotografo di immortalare i suoi giocatori sconfitti, o ancora lo scorso marzo, quando abbandonò un’intervista infastidito dalle domande, gesto stigmatizzato dall’Ussi.
Eppure, come sottolinea ancora Gatti nel Corriere dello Sport, Baldini resta fedele a se stesso. Autentico, diretto, impermeabile al politicamente corretto. Anche nei momenti di gioia non si piega al galateo mediatico: dopo la promozione in Serie B con il Pescara, dedica la vittoria a «quelli che dicevano al presidente di liberarsi di me perché sono una testa di…». Ma è nel profondo che il tecnico toscano rivela la sua natura: «Il problema non è Spalletti. Il problema è che non si sa più cosa significhi indossare la maglia azzurra. Quella vera era l’Italia dell’82. Quello era calcio, quelli erano uomini».
Ora, però, qualcosa sembra cambiare. Baldini sbarca alla guida dei giovani azzurri, in quel laboratorio di identità e talento che è l’Under 21. Un paradosso? Forse. Ma come conclude Cristiano Gatti nel suo editoriale sul Corriere dello Sport, non è un semplice allenatore a prendere il timone: è un maestro. Uno che non ha mai svenduto i suoi ideali, che ha allenato la Carrarese senza stipendio, che ha il coraggio di raccontare la propria vita personale con verità e dolcezza, senza mai trasformare il calcio in una religione assoluta. Uno che sa che la vera vittoria è tornare a casa, dove l’attende sua figlia speciale, con un cromosoma in meno e un amore in più.
Forse Baldini non insegnerà pressing e verticalizzazioni meglio di altri. Ma una cosa è certa: ai ragazzi insegnerà che si può essere uomini liberi anche in un mondo di regole non scritte, e che si può allenare — e vivere — senza diventare schiavi della convenienza. Un maestro, più che un tecnico. E in tempi di conformismo esasperato, questa è l’eresia più preziosa di tutte.