Luca Campedelli torna a parlare. E lo fa senza filtri nella lunga intervista concessa al Corriere di Verona, durante la presentazione del libro «Chievo – Un delitto perfetto». Una sala gremita alla Feltrinelli ha ascoltato il suo j’accuse contro il sistema calcio e contro chi – a suo dire – «ha dato una mano a tenerci sott’acqua».
«Il mio Chievo era facile da fare fuori perché faceva calcio per il calcio, non c’erano interessi politici o economici», ha dichiarato Campedelli al Corriere di Verona, puntando il dito contro le alte sfere del pallone: «Faccio prima a dire chi non mi ha voltato le spalle…».
Nel racconto raccolto dal quotidiano veneto, l’ex patron ricostruisce una caduta cominciata – dice – «il giorno in cui Giovanni Sartori è uscito dal club». La rottura con il direttore sportivo dei miracoli segna per Campedelli l’inizio della fine: «Uno dei migliori cinque in Europa. Riuscivamo a integrarci fino all’ultimo momento».
«Ho pensato anche al suicidio»
Fra i passaggi più drammatici riportati dal Corriere di Verona, la confessione:
«Per il Chievo ho pensato anche al suicidio. Non sono riuscito a proteggerlo».
Campedelli rivendica una verità alternativa su plusvalenze, debiti tributari e esclusione dal campionato:
«Se ci avessero concesso la rateizzazione, non ci sarebbero stati problemi. Ma i decreti Covid bloccarono tutto».
Tar e Consiglio di Stato confermarono invece la linea FIGC, come ricorda il Corriere di Verona, certificando l’irregolarità fiscale e chiudendo ogni spiraglio.
Il fallimento e il peso del passato
Il Corriere di Verona ricostruisce anche gli sviluppi successivi: il fallimento del club (giugno 2022), i 30 milioni di passivo diventati «oltre 80 milioni» per i curatori e la parallela crisi della Paluani.
Campedelli respinge la narrativa del “pallone che ha mangiato il pandoro”:
«Non è vero. Ma non ho saputo prevedere cosa altri avrebbero potuto fare per far male al club».
Il nuovo Chievo? «Non è il mio»
Sul Chievo oggi in Serie D, lanciato da Sergio Pellissier, l’ex presidente non nasconde distanze:
«Non lo considero il mio Chievo: il marchio non basta. Ma è giusto che vadano avanti».
Poi una porta semiaperta, raccolta ancora dal Corriere di Verona:
«Con Pellissier? Mai dire mai. Siamo due caratteri tosti, ma non chiudo le porte».
Il presente? «Guardo solo il calcio dei dilettanti»
Campedelli oggi guarda il professionismo da lontano:
«Nei dilettanti c’è ancora purezza. E non c’è il Var, che nella stagione della retrocessione fu devastante».
Un ultimo colpo di cuore, che al Corriere di Verona consegna come eredità emotiva:
«Se domani ci fosse il Chievo e servisse un magazziniere… io ci andrei anche a piedi».