C’è un calcio che si misura col cronometro e uno che si misura con l’anima. Silvio Baldini appartiene al secondo. Nell’intervista rilasciata al Corriere dello Sport e firmata da Tullio Calzone, l’ex allenatore di Palermo e Pescara racconta la sua verità, quella che non fa sconti alle convenzioni, né rincorre panchine a ogni costo. «Tutti vogliono apparire, io voglio essere», dice. E da lì parte un viaggio tra famiglia, boschi, calcio e libertà.
Il ritorno alla vita vera
Baldini ha scelto di fermarsi, almeno fino a gennaio, per riscoprire il valore del tempo. «La mia famiglia viene prima di tutto», spiega a Tullio Calzone sulle pagine del Corriere dello Sport. Anche Pescara, pur definita «un luogo magico», non ha potuto superare le priorità affettive: «Se mio figlio fa un sacrificio, io devo tenerne conto. Non sono capricci. Allenerei anche gratis, l’ho già fatto. Ma non posso ignorare ciò che conta davvero».
L’etichetta non fa per lui
Mago, filosofo, visionario: definizioni che Baldini respinge. «Sanno di presa per il c…», taglia corto, nell’intervista al Corriere dello Sport. Preferisce le analisi di colleghi come De Zerbi, che dopo le finali con la Ternana lo ha chiamato per complimentarsi: «Mi ha detto che il mio Pescara era organizzato benissimo. Sono parole che contano». Per lui, l’unico metodo è l’empatia, la connessione umana. «I risultati arrivano solo se c’è unione».
Albe e tramonti, calcio e silenzio
Baldini è un uomo d’alba, non di tramonto. «Vedere la vita che rinasce è molto più bello», confida. Ma ammette di aver passato anche notti al buio, «a pensare e riflettere nel silenzio dei boschi». Non si è mai piegato al culto del “risultatismo”, anche se vincere gli piace eccome. «Ma voglio farlo con etica, attraverso il lavoro. Non rubando la partita».
Nel colloquio con Tullio Calzone sul Corriere dello Sport, insiste: «Restare se stessi è fondamentale. La mia filosofia è non lasciare che il tempo passi invano». Ed è proprio questo ciò che trasmette ai suoi giocatori, a partire da quelli del suo “Pescara degli eroi”.
Una scelta di dignità
Il denaro non è mai stato il motore della sua carriera. «Ho la mia pensione, mi basta», spiega. Alla Carrarese ha allenato gratis. A Palermo ha rinunciato «per dignità», nonostante il legame forte con la piazza: «Non me lo faranno più allenare, ma resterò sempre l’allenatore dei palermitani». Anche su questo punto, il Corriere dello Sport ribadisce la coerenza di un tecnico capace di lasciare il segno anche con una permanenza breve.
Famiglia e montagna, i suoi veri riferimenti
Se c’è una costante nella vita di Baldini, è la famiglia. «Senza famiglia, sei un uomo debole. Ti obbliga alla responsabilità e all’amore», afferma. La stessa coerenza la trova nei pastori e nei contadini, «gente che non ha compromessi con la natura, che ti dice le cose come stanno». I suoi riferimenti non sono i guru del calcio moderno, ma gli esseri umani veri. E le sue Alpi Apuane, così simili – dice – ai monti siciliani che ha imparato ad amare.
Addii e incomprensioni
Alla domanda sui suoi tanti addii improvvisi, Baldini risponde con semplicità: «Non me lo sono mai chiesto davvero». A Palermo, con Zamparini, fu silurato senza preavviso. «Se ti mettono tre massaggiatori e due preparatori senza dirtelo, vuol dire che non conti niente». E anche oggi, dopo aver lasciato il Pescara in B, si prende il tempo di restare in silenzio. «Spalletti? Non l’ho chiamato. In certi momenti la solidarietà non serve. Lui sa chi è dalla sua parte».
Una lezione per il calcio di oggi
Sul declino del calcio italiano ha idee chiare: «S’è perso il più grande valore: l’umanità. La scuola è svuotata. I telefonini hanno sostituito gli insegnanti. Tutti vogliono essere cittadini del mondo, ma l’identità conta. Bisogna ripartire dalla scuola». E conclude, nell’intervista a Tullio Calzone per il Corriere dello Sport: «Non ho un metodo. I risultati si costruiscono con l’empatia. A Pescara mi hanno messo nelle condizioni ideali. E nessuno ci credeva».