In occasione dell’Anglo-Palermitan Trophy, durante la cena di gala della vigilia del match del 9 agosto, i due tecnici Pep Guardiola e Filippo Inzaghi hanno partecipato a uno special talk sul ruolo dell’allenatore, moderato dal CEO di City Football Group, Ferran Soriano. Il video è stato pubblicato sui canali ufficiali del Palermo.
Soriano ha aperto con ironia: «Il catalano è vicino all’italiano, Palermo mi ricorda la Barcellona della mia infanzia», poi ha introdotto i temi: differenze tra vita da calciatore e da tecnico, gestione delle aspettative, preparazione delle partite e resilienza.
Guardiola ha scelto la schiettezza: «Da calciatore è più bello: lo spogliatoio, l’atmosfera… Da ragazzi sognavamo di giocare, non di allenare. Fare l’allenatore è venuto dopo». Sulla preparazione: «Possiamo dare dettagli, ma i gol li fanno i giocatori. Prepari scenari, poi l’adrenalina cambia tutto. Il mio lavoro è adattare l’idea alla qualità della squadra».
Inzaghi ha raccolto: «Da allenatore vengono i capelli bianchi… giocare era più semplice. Alleno per trasmettere ai miei ragazzi l’amore per questo sport: con dedizione e lavoro si raggiungono i sogni». E sul mestiere: «La bravura di un tecnico è trovare il vestito giusto per la squadra e mettere i giocatori nelle condizioni migliori. Anche noi sbagliamo: quando i calciatori accettano pure i nostri errori, la squadra cresce».
Capitolo aspettative. Pippo: «Mi rifugio nel lavoro. Se so di aver dato il massimo, accetto il verdetto del campo. Penso solo alla prossima partita». Pep: «Non guardare troppo avanti: vinci la prossima, poi a maggio/giugno vedremo cosa abbiamo fatto».
Sulla “solitudine del leader”, Guardiola ha spiegato: «Non mi sento solo se ho un buon gruppo. Ti senti solo quando va male, ma lo staff ti tiene in piedi». Inzaghi: «Mi sono sempre sentito protetto: società, staff e famiglia fanno la differenza».
Infine, la gestione delle sconfitte. Pep: «Subito dopo è difficile essere lucidi. Meglio dormire, poi analizzare con calma: criticare i giocatori a caldo non è utile per la partita successiva». Inzaghi: «Quando perdo vorrei rigiocare dopo due giorni. Rivedo la gara, rendo onore all’avversario e riparto dal lavoro della settimana».
Un dialogo a tre voci che ha messo a nudo l’arte dell’allenare: idee chiare, responsabilità condivisa e cura dei dettagli, senza dimenticare che «gli attori protagonisti sono i calciatori».