«Il primo assist della mia vita me lo servì un rifiuto».
Così Amauri, ex attaccante di Palermo, Juventus e Parma, ripercorre la sua carriera in un’intervista firmata da Lorenzo Cascini su la Gazzetta dello Sport. La sua storia parte dal Brasile, da una porta chiusa in faccia e da una promessa: «Mi dissi che il Torneo di Viareggio sarebbe stata la mia ultima occasione. O andava bene o mollavo tutto». Andò bene, e da lì iniziò il suo lungo viaggio in Italia.
Dopo l’esplosione a Verona con il Chievo, la consacrazione arrivò a Palermo, dove Amauri diventò uno degli attaccanti più amati e rappresentativi. «Zamparini era un presidente speciale — racconta a la Gazzetta dello Sport — esuberante, ma con noi aveva un grande cuore. Mi venne a prendere a Verona in aereo. In conferenza diceva di tutto, poi veniva nello spogliatoio e ci diceva di non ascoltare nulla».
Su quegli anni in rosanero, Amauri ricorda anche le trattative mancate: «Dopo il primo anno mi voleva la Roma, Baldini mi disse che sarei stato perfetto accanto a Totti. Anche il Milan mi cercò: Ancelotti mi aveva messo in cima alla sua lista per il dopo Inzaghi».
Poi arrivò la Juventus, con cui toccò l’apice: «Era un mondo bellissimo, c’era una cultura della vittoria incredibile. Segnare al Real Madrid fu un sogno».
Come racconta Cascini su la Gazzetta dello Sport, Amauri sfiorò anche il trasferimento al Bernabeu: «Mourinho mi voleva al Real, me lo fece sapere tramite Bronzetti. Ma alla Juve stavo bene, non ci pensai troppo».
Nel 2010 arrivò anche la Nazionale italiana: «Andai a Coverciano in macchina con Marchisio e piansi per tutto il viaggio. Mi rividi bambino, partito da San Paolo senza niente, e ora ero lì, a rappresentare l’Italia».
Dopo la parentesi bianconera, la rinascita a Parma grazie a una telefonata di Crespo: «Mi disse “se vieni tu, ci salviamo” e così fu. Segnai tanto e ci salvammo. Peccato per quell’infortunio con l’Udinese, proprio quando Prandelli mi aveva richiamato in Nazionale».
Nell’intervista a la Gazzetta dello Sport, Amauri non nasconde qualche rimpianto: «Nel 2010, dopo l’esordio con l’Italia, mi feci male ma continuai a giocare. Ho passato quattro mesi da fantasma, in campo con i dolori e i tifosi arrabbiati. Avrei dovuto fermarmi».
Sul compagno d’attacco perfetto non ha dubbi: «Del Piero. Era il migliore, uno che non ti faceva mai sentire piccolo. Ma non posso non citare Miccoli: con lui ci siamo trovati subito, un’intesa naturale. Siamo stati i re di Palermo».
Infine, uno sguardo al futuro: «Mio figlio Hugo gioca nella Primavera del Palermo, è un 2008. Lo seguo tanto, ma gli dico di restare sereno e dimostrare il suo valore. Magari un giorno ci sarà un altro Amauri idolo della città».