Repubblica: “Quegli istanti finali che affossano i rosa. In classifica mancano sei punti”

“Per i tennisti è la sindrome del braccino corto, per i ciclisti è rialzarsi troppo presto prima del traguardo e per i pugili è colpire senza sferrare mai il colpo del ko. Per il Palermo, in questa stagione, è soprattutto un bottino di punti che è svanito proprio quando ormai ci si stava preparando ad aggiornare la classifica a tempo già scaduto. Più semplicemente, per chi si occupa di psicologia dello sport, è la paura di vincere. Anche contro il Pescara i rosanero negli ultimi minuti si sono fatti prendere dal terrore di non riuscire a portare a casa l’intera posta in palio. Al “Barbera” quella di giovedì sera sarebbe stata la prima vittoria e molto probabilmente è stato proprio questo a pesare sulle gambe e soprattutto sulla testa dei giocatori. Un’ansia da prestazione immotivata per via del sostegno incessante dei ventimila tifosi rosanero sugli spalti. Ma nella testa dei giocatori più che il sostegno c’era solamente il peso della responsabilità. Il rigore causato da Gonzalez, difensore recuperato in extremis con l’intenzione di provare ad arginare i troppi gol subiti, è arrivato al termine di una serie di rimpalli e azioni andate avanti senza che i rosanero riuscissero a tenere il pallone lontano dalla propria porta. Per il Palermo farsi prendere dall’affanno in situazioni di risultato favorevole sta diventando ormai una pericolosa consuetudine: non è la prima volta che accade. L’ultima si è verificata a Firenze, partita di esordio di Corini, con la squadra che era riuscita a riacciuffare il pareggio, prima di arrendersi all’ultima azione al gol di Babacar. Dinamica simile anche contro il Milan in casa: dopo un lungo inseguimento Nestorovski è riuscito a riequilibrare il risultato, ma Lapadula ha tolto ai rosanero il piacere del primo punto in casa. Più pesante quanto successo a Genova contro la Sampdoria, con la squadra ancora in vantaggio nel tempo di recupero e il gol subito da Bruno Fernandes al novantaquattresimo. In totale, statistiche alla mano, se non avesse subito le rimonte nei minuti finali di partita, il Palermo avrebbe sei punti in più e a quota sedici, rispetto ai dieci attuali, la situazione sarebbe decisamente diversa. «Però abbiamo anche fatto dei punti negli ultimi minuti di partita – ricorda Alessandro Gazzi – sappiamo che questo è un nostro difetto e che se ci capita c’è qualcosa in cui dobbiamo migliorare. Ma c’è anche una componente di casualità». Corini ribadisce spesso che chi gioca con la paura di sbagliare alla fine commette errori. E la riflessione di Gazzi sui punti ottenuti nel finale di partita trova anche il riscontro dei fatti: sul campo del Genoa il Palermo ha vinto segnando al novantesimo e a Bergamo è accaduta la stessa cosa con un gol all’ottantanovesimo. In entrambi i casi si è trattato di partite sulla carta proibitive, giocate in trasferta. Pensare che sia davvero il “Barbera” il problema non è corretto nei confronti dei tifosi, anche perché i rosanero in questa stagione hanno giocato con tutti i tipi di clima possibile: dall’indifferenza con gli spalti vuoti, alla contestazione nei confronti di Zamparini, fino al calore delle ultime due partite con oltre ventimila persone sugli spalti contro Chievo e Pescara. E allora torna come unica spiegazione la sindrome del punto decisivo, la paura inspiegabile di vincere. È proprio il cammino della squadra a dare ragione alla teoria: se è vero che allo scadere sono arrivati anche dei risultati, lo è vero che sono più le volte in cui la squadra è stata rimontata (Inter, Sampdoria, Torino, Udinese, Bologna e Pescara) che non quelle in cui è riuscita a rimontare (Crotone e Genoa). Tocca a Corini vestire i panni dello psicologo, oltre che allenatore, per sciogliere questo nodo nella testa dei suoi giocatori”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.